Page 74 - Oriana Fallaci - 1968
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bombardamento aereo. Una jeep di MP passa, rallenta. Agito il
tesserino stampa, il conduttore annuisce e innesta di nuovo la
marcia. Riprendo a passeggiare, col naso per aria, e inciampo in
qualcosa di morbido: tre bambini che dormono per terra, sotto
una vetrina. È una vetrina di giocattoli. I giocattoli sono carri
armati, rivoltelle, mitragliatrici, elicotteri. I bambini dormono
abbracciati, uno sopra l’altro come i gatti e le pecore. La più
grande avrà forse sei anni, il più piccolo non più di tre. Vicino a
loro c’è una scatola con la cera da scarpe e le spazzole.
Svegliata dal colpo del mio piede, la bambina apre un occhio,
balza in piedi: «Sciuscià?». Proprio come in italiano. No grazie,
rispondo, e vado avanti. Ma il più piccolo mi corre dietro:
«Sigaretta». Meccanicamente gli porgo una sigaretta, lui tira
fuori un fiammifero e svelto l’accende, la fuma. Allora anche gli
altri due si aggrappano alle mie gambe: «Sigaretta, sigaretta».
No, dico, e metto una mano in tasca: tiro fuori un biglietto da
cento piastre. Press’a poco cinquecento lire. La bambina mi
fissa sbalordita. Agguanta il biglietto. Si china a raccogliere la
scatola con la cera da scarpe e le spazzole. Scappa. Gli altri due
le corrono dietro, corrono, corrono. Dio, ti prego, fammi credere
che non sia per loro quel grido rauco che ho udito, quel colpo
laggiù dietro l’angolo.
LO STRANIERO. È un vietnamita di ventisei anni, fa il medico al
pronto soccorso dell’ospedale. È piccolo, magro e isterico. Si
chiama Khan. L’ho conosciuto tornando da Dak To, dove mi
son presa una bronchite per aver dormito all’aperto.
Visitandomi ha detto: «Lei è il primo paziente in sei giorni che
non venga qui per una ferita di arma da fuoco o in stato di coma
per un suicidio. Non fanno che suicidarsi a Saigon: veleno,
barbiturici, impiccagioni. Oggi mi hanno portato diciotto
suicidi. Ne ho salvati soltanto due». A me il dottor Khan è
antipatico ma Moroldo ci ha fatto amicizia e stasera ci troviamo
a cena con lui. Il ristorante è al di là del ponte che i vietcong
fecero saltare durante la visita di MacNamara, ora ricostruito