Page 63 - Oriana Fallaci - 1968
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che uccide perfino la morte: il ridicolo. A centinaia, a migliaia i
                buddisti furono nuovamente arrestati ma, anziché regalargli un

                processo, il generale Loan li rilascia poi con questa frase: «Su,
                vi abbiamo nutrito abbastanza, andate a cercarvi il cibo da soli».

                E  le  camionette  della  polizia  che  spesso  piombano  sul  luogo
                delle  immolazioni  impugnando  estintori?  Pensa,  gli  estintori.

                Quelli  bruciano  il  loro  martirio  e  Loan  li  spegne  con  gli
                estintori. E i litigi cui allude la Venerabile Madre quando c’è da

                seppellire un cadavere carbonizzato? «Lo piglio io, no, lo piglio
                io.» «È mio, no, non è tuo.» Se guardi ai buddisti del 1968 tutto
                ciò  che  provi  è  un’immensa  umana  pietà,  e  non  sempre  il

                rispetto.
                    Il rispetto lo provi per alcuni di loro. Perché si battono senza

                speranza, perché hanno il coraggio di morire, perché alla pace ci
                credono davvero, disperatamente, e disperatamente la implorano
                a nome di un popolo che ha la bocca tappata. Più o meno il caso

                del  Venerabile  Tri  Quang  quando  lo  incontri  nella  sua  cella
                dove non c’è che un letto, una sedia, un tavolo, una fotografia di

                Gandhi sotto il vetro del tavolo, e il suo ardore da Savonarola. Il
                Venerabile  Tri  Quang  ha  quarantaquattr’anni,  due  pupille  di

                fuoco dentro un viso astuto, un sorriso di fiera che nasconde non
                sai  bene  cosa.  Ma  la  sua  sola  debolezza,  mi  dicono,  sono  i

                cioccolatini. Molti non lo stimano, troppi non lo amano, alcuni
                lo accusano di battersi non per un Vietnam indipendente, aperto
                a  tutte  le  fedi,  ma  per  il  suo  pazzo  sogno  di  trasformare  il

                Vietnam in uno Stato buddista. A me invece piace. E per quanto
                un asiatico resti sempre un mistero agli occhi di un occidentale,

                un bonzo ancora di più, io gli credo. Specie dopo un gesto che
                in lui anticattolico mi pare dettato da umiltà e da saggezza, ecco
                qua. Da tempo Tri Quang non parla più ai giornalisti ma quando

                gli  dico  che  sono  italiana,  risponde:  «Va  bene  allora.  A
                condizione che faccia avere una lettera al Papa senza parlarne a

                nessuno  prima  che  lui  l’abbia  avuta».  E  la  scrive  sotto  i  miei
                occhi, questa lettera in vietnamita il cui contenuto preciso non

                conoscerò mai e che il Papa avrà prima di Natale. La scrive su
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