Page 58 - Oriana Fallaci - 1968
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accettate?


                Quante  sarà  necessario,  tutte  se  sarà  necessario.  Ciò  che  lei

                chiama suicidi e io immolazioni dureranno finché saranno utili.
                La sola ragione per cui esitiamo ad autorizzarli in quantità è che

                riteniamo di poter agire in questo momento attraverso pressioni
                sul governo, senza  sacrificare vite.  Il «suicidio»  è una  grande
                arma  per  noi,  la  più  preziosa  di  tutte,  perché  provoca  pietà  e

                orrore. Io me ne accorgo dal modo in cui il governo lo ostacola
                e cerca di farlo passare sotto silenzio. Non bisogna sprecare una

                carta  così.  Un’altra  ragione  per  cui  vogliamo  controllare  il
                martirio  è  che  a  volerlo  sono  soprattutto  i  giovani.  E  non  è

                giusto  che  siano  loro  a  morire.  Tocca  ai  vecchi,  ai  superiori
                come  me.  I  giovani  vanno  salvati  e  mantenuti  al  futuro,  c’è

                troppo  bisogno  di  loro.  E  poi  il  martirio  non  deve  essere  un
                gesto  passionale,  dettato  dal  coraggio  o  dall’entusiasmo  dei
                vent’anni. Dev’essere un gesto consapevole, meditato da adulti

                che hanno compreso la vita. Io soffro molto quando i giovani si
                bruciano senza permesso. È ciò che dico alle dieci sorelle che in

                questa  pagoda  attendono  con  tanta  ansia  di  dare  la  vita:  siate
                pazienti,  aspettate,  il  momento  verrà.  Ma  vivo  sempre  nella

                preoccupazione  che  disubbidiscano.  O  che  non  mi  avvertano.
                Come fece quella ragazza Huynh Thi Mai.



                Venerabile  Madre,  lei  ha  assistito  a  più  di  una  immolazione.
                Che effetto suscita in lei?


                Oh, deve capire che io sono bonzessa da trentacinque anni e che

                le mie reazioni non sono più quelle di una donna normale. Anzi
                è  giusto  riconoscere  che  non  sono  più  una  donna,  sono  una

                bonzessa. Noi non abbiamo per il corpo il rispetto che avete voi,
                e la morte per noi non è una tragedia. Un corpo morto noi lo

                bruciamo, o lo gettiamo nella foresta alle fiere, o nel mare ai
                pesci.  Solo  quando  non  c’è  fuoco  per  bruciarlo  o  fiere  per

                sbranarlo  o  pesci  per  mangiarlo  noi  lo  sotterriamo.  E  poi  noi
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