Page 53 - Oriana Fallaci - 1968
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una parte del volto, non respirava più. Allora la Venerabile
Madre sussurrò «così sia» e si diresse all’altare per prender la
lettera posata lì tra le frutta. Diceva: «Non sono pazza e non
sono infelice. La vita è bella e avrei voluto amarla fino in fondo.
Però è giusto che la offra per la nostra patria e per la nostra
fede. Che la responsabilità di quest’atto ricada sugli uomini
perfidi che comandano ancora il Vietnam.»
Il permesso d’immolarsi lo dà la superiora
Thich Nhu Hué, la Venerabile Madre, racconta con voce ferma
e occhi dolorosi. Ha il cranio rasato, indossa la veste azzurra
che in molte pagode ha sostituito il peplo arancione, gocce di
sudore le scivolan giù per le guance: come lacrime lunghe. Una
bonzessa dal viso dolcissimo e l’espressione devota cerca di
farle fresco con un ventaglio. Altre passano, zitte, con quei crani
rasati e quelle vesti azzurre, dal tempio giunge la nenia della
vecchia che prega presso la campana e dopo ogni versetto batte
un martellino sulla campana, che emette un tonfo sordo,
solenne. È solenne anche Thich Nhu Hué. Immobile sulla sua
sedia, sembra una regina sul trono. Ha cinquantaquattr’anni, è
bonzessa da trentacinque, appartiene a una delle famiglie più
ricche del Vietnam centrale, comanda tutte le bonzesse del
Vietnam: all’incirca seimila. I bonzi invece son ventimila.
Come superiora, tocca a lei dare il permesso di immolarsi. E in
tono tranquillo, neanche si trattasse di una cosa normale, mi dirà
d’avere in serbo centocinquanta domande di sorelle che
vogliono uccidersi. Dieci, in questa pagoda. Una delle dieci è
colei che agita il ventaglio. Insiste ogni giorno, diresti che viva
per quello. Ormai, spiega con quel tono tranquillo, son le donne
a bruciarsi.
Sono andate crescendo di anno in anno, ecco la prova. Sotto
Diem ci furono sette immolati: sei bonzi e una bonzessa. Sotto
Ky, tredici immolati: nove bonzi e quattro bonzesse.