Page 55 - Oriana Fallaci - 1968
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limitano  a  scostarsi  dalle  fiamme:  il  traffico  non  ne  risente
                nemmeno,  mi  spiego?  Il  bonzo  ha  appena  incominciato  ad

                annerirsi, arde soprattutto la veste che è imbottita di cotone per
                bere più benzina. Un largo pezzo di stoffa cade per terra, mi ci

                precipito  sopra  e  l’allontano  coi  piedi.  Il  suo  volto  assume
                un’espressione  di  sollievo,  per  un  attimo  penso  che  voglia
                strapparsi  di  dosso  anche  il  resto.  Ma  una  bonzessa  si  china

                sulla  stoffa  che  brucia  lontano,  la  raccoglie  con  dita  che  non
                sembran scottarsi e gliela rimette sopra la testa. Mi ributto sul

                bonzo,  gli  ritolgo  il  cencio  dalla  testa,  e  la  faccenda  è  di  un
                macabro  addirittura  grottesco:  la  bonzessa  raccatta  di  nuovo

                quel cencio e di nuovo glielo posa sul cranio. Lui gesticola, è
                ormai chiaro che di morire ha ben poca voglia, forse non ne ha

                mai avuta: ma intorno gli si è formato un cerchio di bonzi che
                impediscono a me di intervenire e a lui di scappare. Di corsa
                telefono  alla  polizia,  questa  giunge  che  lui  è  ancora  vivo.  Lo

                caricano su una camionetta, lo portano all’ospedale. Vi morirà
                trentasei ore dopo e i medici accerteranno che era drogato. Ne

                ho visti bruciare tre a questo modo. Sono certo che tutti e tre
                eran drogati. Senza contare che vi son molte specie di droga, ad

                esempio quella che noi chiamiamo lavaggio cerebrale. Metti in
                testa  a  un  bonzo  di  settant’anni  o  a  una  bonzessa  di

                diciassett’anni  che  il  destino  del  paese  dipende  dal  suo
                sacrificio, e il gioco è fatto. È una malinconia, uno squallore.»
                    La  malinconia  e  lo  squallore  ti  assalgono  del  resto  appena

                entri  in  queste  pagode  che  immaginavi  suggestive,  belle,  e
                invece sono casacce nascoste in vicoli maleodoranti, tra i panni

                tesi ad asciugare, i venditori ambulanti di pesce, i bambini che
                fanno  pipì  contro  il  muro.  Per  trovarle  diventi  pazzo,  non
                differiscono in niente dagli altri edifici. La pagoda Tu Nghien è

                un poco meglio, le bonzesse sono più ordinate dei bonzi, e la
                Venerabile Madre ha le esigenze di chi è nato bene. Ma qui c’è

                un altro disagio: quello che viene dal sentirsi seguito, osservato.
                Certo qualcuno sa che sto andando da Thich Nhu Hué. I bonzi

                all’opposizione  sono  sorvegliati  dalla  polizia,  il  governo  teme
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