Page 44 - Oriana Fallaci - 1968
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quando la guerra sarà finita. A uno a uno noi moriamo tutti, e
pochi di noi vedranno finire la guerra, pochi di noi si potranno
godere il Vietnam indipendente. Bisogna fare bambini perché
raccolgano il frutto del nostro dolore. E fui così felice quando
nacque mio figlio che piansi, io non piango, sai. Anche quando
ero al Nord e mi dissero che mia madre era morta, non piansi.
Anche quando tornai al Sud e mi dissero che mio padre era
morto, sette mesi dopo me lo dissero, non piansi. Ma quando
nacque mio figlio piansi.
Sam, dov’è tuo figlio?
Non lo so. È con mia moglie in una località segreta. Che voglia
ho di vederlo, di toccarlo. Spero che stia bene e che sia
intelligente, perché voglio che studi le cose che io non ho
studiato. Mi piacerebbe che diventasse un pilota. Non faccio che
pensare a lui quando riesco a pensare a qualcosa. Mi manca
tanto. Mi manca più di tutto. Mi manca più della libertà.
Allora è intervenuto il capitano Tan e, ridendo quella risata
agghiacciante, ha detto a Nguyen Van Sam che lui lo sa
benissimo dove sono sua moglie e suo figlio: può catturarli
quando vuole. Nguyen Van Sam stava fumando. Ha lasciato
cadere la sigaretta, s’è coperto il viso con quelle mani magre, e
ha avuto un gemito: «Nooo!». Poi la mano è salita ai capelli, s’è
messa ad arruffarli con gesti angosciati. Poi la mano è scesa ai
ginocchi, ha cercato l’altra mano e l’ha stretta facendo
scricchiolare le dita. Il volto era diventato bianco, ma bianco, le
labbra tentavano invano un sorriso. Ho perso la testa e ho
gridato al capitano Tan di smetterla. Il capitano Tan ha risposto
che sono troppo sensibile. Poi ha licenziato Nguyen Van Sam
avvertendolo che forse vorrò rivederlo, una di queste notti.
Ho visto ancora Nguyen Van Sam due notti dopo. È stato molto
contento di rivedermi. Subito ha allungato una mano golosa per
chiedermi una sigaretta e siccome gli ho dato un intero