Page 39 - Oriana Fallaci - 1968
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cosa vorrei dalla vita ti dico: tornare a fare il contadino e
allevare bufali e galline e avere un frutteto perché la
soddisfazione più grossa te la dà il frutteto e la cosa più bella di
tutte è la campagna. È bello anche il mare, io lo vidi quando mi
mandarono al Nord, ci andai con la nave e così vidi anche la
spiaggia che è bianca e liscia, ma il mare mi fa come una paura
perché non ha alberi. Prima di morire vorrei rivedere un
tramonto fra gli alberi. Sai, quando il sole diventa rosso, e cade
inghiottito dagli alberi, e i campi di riso son verdi, e c’è un
vento leggero che fa piegare la testa al riso.
Come fu, Sam, che smettesti di fare il contadino per fare il
vietcong?
Fu che a me non piaceva andare a scuola, mi divertivo troppo a
rotolare nella mota coi bufali, e quando ebbi sedici anni mio zio
disse: «Devi andare a scuola!». E mi mandò in una scuola di
vietminh, che erano i vietcong dell’epoca e facevano la guerra
ai francesi. E disse: «Loro ti faranno studiare, vedrai». Mio zio
era il capo della sezione finanze in una unità di vietminh. La
scuola era nella Piana dei Giunchi. Eravamo trenta ragazzi e
dieci ragazze, da principio la scuola mi sembrava noiosa perché
si studiava la grammatica e la matematica e la dittatura, però
dopo mi accorsi che saper leggere e scrivere è bello. Mio padre
sapeva leggere un poco i caratteri cinovietnamiti ma mia madre
non sapeva. E nemmeno mio fratello maggiore e nemmeno le
mie due sorelle sposate e nessuno della mia famiglia. E poi il
sabato sera c’era il corso militare per allenare noi ragazzi a fare
la guerra ai francesi. Si facevano le marce, front a destra e front
a sinistra, si facevano i falsi combattimenti con le armi di legno,
ed era come giocare alla guerra quando siamo bambini.
Sam, odiavi molto i francesi?
No, non ci insegnavano mica a odiare i francesi. Ci insegnavano
il patriottismo, cioè a seguire l’esempio di re Quang Trung e re