Page 40 - Oriana Fallaci - 1968
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Le Loi che sconfissero l’invasore cinese tanti secoli fa, ed era
bello perché era la prima volta che mi parlavano della patria.
Prima non sapevo di avere una patria perché non sapevo cosa
vuol dire patria. Ora lo so. La patria è come la tua mamma che
va rispettata e difesa anche se poi muori. La patria è come la tua
capanna che se qualcuno vuole pigliartela devi cacciarlo, anche
se poi muori. Chiunque sia questo qualcuno: russo, cinese,
francese, americano. Rimasi a quella scuola tre anni. Ogni anno
avevo un mese di vacanza, che passavo coi miei genitori. Poi
nel 1952 andai a casa per l’ultima volta perché in quell’anno
feci gli esami della Resistenza ed entrai a far parte dell’unità
309. Andai a casa un giorno solo e la mamma pianse dicendo
che non mi avrebbe rivisto mai più. Infatti non l’ho rivista mai
più. Però piangendo ammazzò un’oca e tre galline e noi si fece
una gran festa e si mangiò molto anche se non ci fu tempo di
dirci le cose.
Sam, ricordi la prima volta che fosti in combattimento?
Oh, sì! Fu nell’aprile del 1952, subito dopo aver rivisto la
mamma. Non presi parte alla sparatoria perché a quel tempo ero
portaordini, però dopo dovetti recuperare gli orologi e i fucili
dei morti. Nella mia compagnia ci furono tre morti e sei feriti, li
vidi io coi miei occhi e gli levai gli orologi con queste mani.
Anche tanti francesi morirono. Fu una cosa brutta. Voglio dire
che durante la battaglia non avevo paura perché suonavano le
trombe ed eravamo molto eccitati, ma dopo le trombe tacquero
e mi trovai con quei morti e non avevo mai visto i morti prima.
E ricordai una cosa che dicevano i miei genitori, che i morti
tornano la notte per tirarci i piedi, e tremai. E piansi sui miei
compagni, sui francesi no. Però la notte, mentre giacevo sulla
mia branda a pensare le cose che non avevo avuto tempo di
pensare in battaglia, mi feci una domanda: perché la gente si
deve ammazzare?