Page 34 - Oriana Fallaci - 1968
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Me lo fanno vedere di notte. Mi hanno dato l’appuntamento alle
dieci di sera, un’ora prima del coprifuoco. Quando il mio taxi
s’è fermato dinanzi alla caserma della polizia speciale otto
agenti vi sono saltati sopra spalancando gli sportelli il cofano il
portabagagli, frugando in cerca di esplosivi. Il tassista era
terrorizzato, gridava. Poi hanno preso i miei documenti e sono
entrata all’inferno, sotto una scorta di mitragliatori. È qui che
interrogano i vietcong arrestati, e li fanno parlare. Il capitano
Tan è l’inventore dell’interrogatorio psicologico, ottiene ciò che
non ottengono le torture di terzo grado. Le torture di terzo grado
consistono fra l’altro in scariche elettriche sui genitali o in
graduale soffocamento con un asciugamano bagnato che tappa il
naso la bocca gli orecchi. Il capitano Tan è un vietnamita grasso
e felice, ha trentasette anni e otto figli, ama il suo mestiere fino
all’entusiasmo e confessa di non aver mai provato pietà.
Quando ride, la sua risata è agghiacciante, sembra un colpo di
tosse. Coi giornalisti è gentile. Li riceve in un ufficio con l’aria
condizionata, offre birra, caffè, informazioni in francese. Dice
di non credere al sistema brutale, quello va bene se il tempo
stringe, ad esempio se c’è da localizzare una bomba che
scoppierà fra due ore. Sotto le torture il vietcong non parla, o
parla poco. Con la psicologia invece sì perché quasi sempre egli
è un contadino ignorante. La psicologia ha funzionato anche
nella retata di luglio quando centoventi vietcong sono stati
arrestati a Saigon, e fra questi il capo che cercavano da almeno
due anni, l’uomo che vedrò stanotte. Fu un gran colpo, dice.
Infatti fino allora l’unico arresto importante era stato in aprile,
quello di Huynh Thi Anh, una ragazza di ventidue anni,
scoperta solo perché una granata era esplosa in camera sua,
mentre la preparava. Oh, sì, un gran colpo, ecco la storia.
Incidente all’alba per il vietcong
Una mattina, al giardino zoologico, arriva un tipo coi baffi e la