Page 414 - Oriana Fallaci - 1968
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negli spazi siderali? Da Houston, capitale terrestre dello spazio,
                Oriana  Fallaci  immagina  la  cronaca  del  primo  viaggio  dalla

                Terra alla Luna: è costruita sulla base di dati scientifici e tecnici
                assolutamente esatti.



                Ecco:  sono  entrati  nel  corridoio  celeste.  Ce  l’hanno  fatta,  per
                ora,  e  viaggiano  a  una  velocità  mai  provata:  venticinquemila

                miglia ogni ora. Volano lievi come farfalle, una piccola fiamma
                dentro il gran nero, ma ora stanno per fare qualcosa di molto

                difficile: qualcosa in confronto a cui le retroluci verdi di Glenn
                erano  un  gioco  di  bimbi.  Fra  cinque  minuti,  quando  anche  il
                carburante del terzo stadio sarà tutto esaurito, il terzo stadio si

                sgancerà per aprirsi come un libro e liberare il LEM: vale a dire
                il  veicolo  che  atterrerà  sulla  Luna.  Allora  la  capsula  Apollo

                dovrà  girar  su  se  stessa  e  acchiapparlo:  per  condurlo  con  sé,
                avvitato sul naso del cono. Ecco, il terzo stadio s’è sganciato,

                s’è  aperto.  Dagli  sportelli  spalancati  sta  uscendo  un  oggetto
                curioso: una specie di scatola con quattro zampe che terminano

                in  un  disco  rotondo,  a  ventosa.  Gli  astronauti  lo  chiamano
                Insetto, mai LEM: forse per via delle zampe, sembra un gran
                ragno. Sulla testa del ragno c’è un buco. Ed è in quel buco che

                la  capsula  Apollo  deve  avvitarsi  col  naso,  acchiapparlo  per
                condurlo  con  sé.  Riuscirà?  Da  Terra  giungono,  sempre  più

                fievoli,  le  disposizioni,  i  comandi.  Frasi  preziose  si  perdono
                sbriciolate  nel  buio,  i  tre  astronauti  le  rincorrono  invano.
                Coraggio. Senza perdere la rotta, la capsula Apollo si gira. Va

                verso l’Insetto, lo attende. Si infila in quel buco, si avvita. Si
                gira di nuovo e prosegue con quella scatola strana, giù giù, o su

                su,  per  tre  giorni  e  tre  notti.  Tre  giorni  terrestri,  tre  notti
                terrestri: lì non c’è né giorno né notte, il nero è nero di giorno e

                di  notte,  quando  una  luce  si  accende  ti  sfiorano  orrende
                minacce.  Meteoriti,  a  esempio.  Un  meteorite  grande  come  un

                pisello basterebbe da solo a colpire la nave, sfondarla. E i tre
                uomini non possono farci nulla: se accade, possono tutt’al più
                saltare nel vuoto, tentare una riparazione. Guardiamoli dunque
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