Page 378 - Oriana Fallaci - 1968
P. 378
l’ambasciata li aveva cercati disperatamente. Nell’ospedale
dove la polizia mi aveva portato nessuno si era preso cura di me
e nessuno si era accorto del pezzo di ferro che avevo nella
schiena. Se non ci fossero stati questi due medici avrei potuto
restare paralizzata per tutta la vita. Devo a questo professore
tutto. È stato questo il primo contatto col mio mondo, dopo tutta
quella brutalità. Il professor Viale insegna all’università di
Medicina. Desidero che si sappia la gratitudine che ho per
quest’uomo.
Prima che lui arrivasse mi avevano fatto quella radiografia
molto veloce e abbastanza sommaria alla gamba e alla spalla.
Hanno deciso che non avevo niente alla gamba, che avevo un
minuscolo frammento alla spalla e che non c’era neanche
bisogno di estrarlo. Poi invece è arrivato il professor Viale,
mandato dall’ambasciata, ed è riuscito a strapparmi da
quell’ospedale, anche perché lì chi era ferito era praticamente in
stato di arresto. Quindi tutto il punto consisteva nel portarmi via
dall’ospedale: se mi portavano in un altro ospedale praticamente
mi impedivano di essere arrestata, capisci.
(Rumore di molte voci nella stanza. Due voci maschili, forse di
medici, che parlano in spagnolo animatamente di un farmaco.
Un’altra voce femminile, in italiano, dice: «Oriana stai buona,
ti hanno tolto i punti stamattina».)
In quest’altro ospedale mi hanno fatto un’altra radiografia,
hanno scoperto che nella gamba dove non dovevo avere nulla,
avevo invece due frammenti che non si potevano levare, e un
altro frammento che invece era penetrato, miracolosamente
senza lederli, tra la vena, l’arteria e i nervi. La minuscola
scheggia, che secondo i primi medici non aveva neanche
bisogno di essere tolta, era una grossa scheggia invece, come si
può dire, grossa quanto due unghie. Un grosso bottone, tutto
scheggiato, che aveva viaggiato dall’altezza del rene sino alla
colonna vertebrale in profondità, tanto è vero che il professor