Page 373 - Oriana Fallaci - 1968
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vena, senza tagliare né l’una né l’altra. Un’altra ancora è entrata
                nella coscia. È entrata da una parte ed è uscita educatamente da

                quell’altra,  senza  fare  nulla,  lasciando  solo  due  o  tre  schegge
                che  risultano  dalla  radiografia  ma  che  non  possono  togliere.

                Resteranno  sempre  lì  tanto  non  mi  danno  noia  e  io  le  tengo
                come ricordo.
                    Mi  sono  portata  subito  la  mano  alla  spalla,  ho  sentito  un

                grande gonfio, che è il gonfio di questo ferro che avevo dentro,
                però non avevo sangue lì. Ho portato la mano alla gamba e ho

                sentito sangue, allora ho cominciato a gridare prima in inglese:
                «I’m wounded, I’m wounded, please help me, I’m wounded»,

                ma  nessuno  mi  ha  dato  retta,  allora  ho  gridato  in  spagnolo:
                «Herida, estoy herida, ayuda por favor, estoy herida, me muero,

                por  favor,  herida!».  Ho  pianto,  ho  strillato,  ho  imprecato  e
                gridavo: asesinos, asesinos ma erano urla che si confondevano
                con quelle della folla perché intanto sulla piazza continuava il

                massacro e le urla mie e quelle degli altri erano coperte dalle
                raffiche di mitra. Per tutta risposta uno dei tre poliziotti che mi

                sorvegliava,  perché  ne  avevamo  uno  per  ciascuno,  Moises  ne
                aveva uno, io ne avevo un altro e Manuel ne aveva un altro, mi

                ha  puntato  la  rivoltella  addosso  e  io  ho  dovuto  chetarmi,  ma
                avevo questo dolore tremendo che mi veniva a ondate.

                    Ogni tanto mi sentivo un pochino meglio, mi veniva come
                uno  svenimento  e  allora  non  mi  sentivo  più  tanto  male,  poi
                riacquistavo conoscenza e allora sentivo un gran male. Manuel

                ha cominciato a gridare: «Esta mujer es muy grave, muy grave y
                se muere», ed era circa un’ora e un quarto che io ero ferita in

                quelle  condizioni  e  continuava  ininterrotta  la  sparatoria.  Due
                poliziotti mi hanno agguantata di nuovo per i capelli, come ti
                dicevo  prima,  accidenti  avere  i  capelli  lunghi,  mi  agguantano

                come l’uomo delle caverne e mi portano giù come un sacco di
                patate, sotto la sparatoria, giù per le scale che scendono al piano

                inferiore. A ogni scalino non ti sto a dire il male che sentivo,
                soprattutto per via di questa grossa scheggia che avevo dentro la

                schiena alla colonna vertebrale, perché non è da escludere che
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