Page 361 - Oriana Fallaci - 1968
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racconterò perché, come siamo arrivati a questo. Mercoledì alle
                cinque  era  stata  indetta  una  manifestazione  nella  piazza  delle

                Tre Culture a Città del Messico. Questa piazza, che credo sia
                una delle più grandi di Città del Messico e anche una delle più

                note,  si  chiama  delle  Tre  Culture  perché  riunisce  in  un  certo
                senso,  simbolicamente,  le  tre  culture  del  paese:  quella  azteca,
                quella  spagnola,  quella  moderna:  c’è  una  chiesa  spagnola  del

                1500,  c’è  la  base  di  una  piramide  azteca  e  ci  sono  gli  edifici
                moderni, quelli costruiti ora. Gli studenti l’hanno sempre scelta

                per  le  loro  manifestazioni,  non  soltanto  perché  si  trova  nel
                quartiere di Tlatelolco, vale a dire abbastanza vicino alla loro

                università,  ma  anche  perché  è  molto  grande,  ha  molte  vie
                d’accesso  e  molte  vie  di  fuga:  è  facile  arrivarci  ed  è  facile

                uscirne.  E  in  questo  paese  è  sempre  meglio  riunirsi  in  luoghi
                dove fai presto ad arrivare e fai presto a scappare.
                    Io ero già stata testimone di una manifestazione del genere

                nella piazza delle Tre Culture, esattamente il giorno dopo in cui
                ero arrivata in Messico. Era lì infatti, in una manifestazione del

                genere, nella piazza delle Tre Culture, che avevo conosciuto i
                capi  degli  studenti  e  avevo  cominciato  a  intervistarli.  Ero

                arrivata  la  notte  tra  il  giovedì  e  il  venerdì,  e  al  venerdì  ci  fu
                subito questa manifestazione. Era la prima alla quale assistevo,

                e mi fece subito un effetto profondo. Mi avevano impressionata
                queste  migliaia  di  ragazzi,  perché  sono  ragazzi,  sai,  tredici,
                quattordici, sedici, diciotto, al massimo ventitré o ventiquattro

                anni. Ragazzi poveri poi, perché degli studenti messicani solo
                una piccola parte sono figli di borghesi. La massima parte sono

                figlioli di contadini, di operai e appartengono in maggioranza al
                Politecnico.  Al  Politecnico  ci  vanno  i  figli  degli  operai,  dei
                contadini: allora tu vedi questi ragazzini, che non sono come i

                nostri studenti, con le camicie pulite, il golf stirato di fresco, le
                scarpe  pulite,  ma  sono  brutti  e  sembrano  i  contadini  che  alla

                domenica vanno al villaggio, come si vedevano in Italia venti o
                trent’anni  fa  e  forse  anche  oggi.  E  un  po’  timidi,  pieni  di

                passione, di entusiasmo, ma timidi come sono i contadini. Mi
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