Page 356 - Oriana Fallaci - 1968
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Dicevo: oddio, ora mi mandano in Italia e mi fanno sparare sulla
famiglia mia, tutti quei parenti, quegli zii, quei cugini che tengo
in Italia, non voglio! E cominciai a pregare: affinché non mi
mandassero in Italia e non ci ammazzassi i miei cugini, e i miei
cugini non ammazzassero me. E Lui mi ascoltò e mi fece la
grazia. Mi fece mandare in un campo che si chiama Akron, in
Ohio, e lì rimasi fino a quando mi venne quell’ernia. E dimmi te
se avere l’ernia in tempo di guerra non è una fortuna. E poi è
una fortuna mettere al mondo ben sette figlioli e poterli
mantenere. E poi è una fortuna avere cinquantadue anni ed
essere nonno a questa età. Capisci, italiano sono: alla famiglia ci
tengo. Mi capitò quella prima moglie che era un vero disastro.
Sempre a bere eccetera.
Allora divorziai sebbene il divorzio per me fosse una brutta
cosa, e il tribunale affidò a me tutti e quattro i bambini: anche
quelli piccoli piccoli. E quando succede questo ti trovo Jeannie
che non solo mi sposa ma si prende i quattro bambini e li tira su
come se fossero suoi e me ne fa altri tre. Straordinario. E poi
divento ricco, ricchissimo, senza durare fatica, con questo
mestiere di cantante e di attore: accidenti, questa non si chiama
fortuna?
Davvero, Dino, lei è nonno? Accidenti! Oh, boy! Si mantiene
benino, sa?
È perché sono italiano. Sono questi americani che invecchiano
presto. Noi italiani, no. Loro perdono immediatamente i capelli,
e metton su pancia, e si fanno venire l’infarto cardiaco a
quarant’anni. Noi no. Perché non siamo molli, perché abbiamo
alle spalle generazioni di gente che ha avuto la vita dura, mi
spiego? È una cosa che mantiene giovani. Guardi i miei amici.
Vic Damone, ad esempio. Non è bello? E Nicky Conte e Tony
Bennett e Perry Como e Frank Sinatra. Be’, Frank è un po’
calvo: d’accordo. Però, accidenti, va per i sessanta e sembra un
ragazzo. E può fare a pugni quanto vuole, e quelle altre cose.