Page 358 - Oriana Fallaci - 1968
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politica, ecco, non sarebbero morti. E io che sono un tipo
semplice…
Non direi mica, Dino.
Oh, boy! Certo che lo sono! Sembro complicato perché sono
timido, ecco. Lo son sempre stato. Io, vedi, se proprio mi ci
costringono, a quei cocktail parties ci vo: però quando sono
dentro non so cosa dire e mi metto in un angolo zitto zitto. E
che me ne importa? Belle, le loro conversazioni. Vengono lì con
bicchiere in mano, e dicono: bella giornata, oggi. E chi se ne
frega se oggi è una bella giornata? Perché lui ci deve fare il
commento sopra? Non l’ho visto da me che è una bella
giornata? Io non rompo le scatole a nessuno, perché gli altri
devono sempre romperle a me? Ora senti, non per offenderti,
una brava guagliona sei e a parlare con te mi diverto, però,
anche questa intervista, à dimme perché? Magari dopo me fai
passa come nu fesso, nu guagliò che nun sa parlare eccetera
amen, e io fesso nun sono, bravuomo sono, che all’età di anni
cinquantadue un pezzo di terra vorrebbe, con qualche centinaio
di vacche, e lì stare, tranquillo, a guardarsi u’ sole che sorge e u’
sole che trammonta, quei colori bellissimi, e di volta in volta
darci una pensata, una bevuta, e alle dieci a letto, come nu
bravuomo. E dicce: che altro bisogno tiene nu bravuomo, che
altro chiede a’ vita sua?