Page 355 - Oriana Fallaci - 1968
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duri a far l’attore? Nelle fonderie d’acciaio, lì sì che duri fatica.
Nelle miniere di carbone, lì sì che duri fatica. E perfino quando
stai in piedi otto ore a fare il croupier duri fatica. Guarda, io ho
durato fatica perfino a fare il boxeur, il benzinaro, l’autista: ma
a fare l’attore no. È proprio un mestiere da bighelloni. Detto fra
noi: non ho mai capito perché diavolo lo paghino tanto. Boh!
Boh!
Un altro drink?
No, grazie. Dica un po’, Dino, è vero che lei è sempre ubriaco?
Sull’anima del mio babbo e della mia mamma, che riposino in
pace, giuro di no. Giuro che questo è il mio primo drink, be’ il
secondo: ma sono le nove di sera. Ne berrò un terzo e poi andrò
a cena e poi a dormire e non ne berrò altri. Tutti credono che
beva perché ai tempi di Jerry Lewis ero così infelice e non
facevo che bere. Ma nessuno, anche allora, mi ha mai visto
ubriaco. Cosa che invece è successa un mucchio di volte a
questi fetenti attori che si dicono astemi. Te ne potrei citare una
dozzina di questi bravi americani tutti casa e bandiera che poi si
ubriacano da pazzi e finiscono per questo in galera. Senza che
nessuno lo sappia, senza che il loro nome vada sul giornale. A
me questo non è mai successo. Eppure, chissà perché, ho la
fama dell’ubriacone. Qualsiasi cosa dica o faccia: lascialo fare,
è ubriaco. La stessa storia del dago, o della testa calda italiana.
Prima mi arrabbiavo. Ma ora non più. Sono un uomo felice.
È fortunato, ammettiamolo. Non le pare, Dino, di avere avuto
una fortuna sfacciata?
Oh, boy! Yes! Sì! Pensa che non son nemmeno mai stato alla
guerra. Non è una fortuna. Scoppiò la Seconda guerra mondiale,
ricordi, e io una paura! Una paura! Non solo perché non volevo
essere ammazzato, sai, ma perché non volevo ammazzare.