Page 350 - Oriana Fallaci - 1968
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imparai a cantare. Perché è vero che non sono capace di leggere
una nota. Io a cantare ho imparato così, da Bing Crosby. E
anche Frank Sinatra ha imparato così, e anche Perry Como.
Abbiamo cominciato tutti imitandolo. Sai, quando facevo il
croupier al Casino di Steubenville, c’era un caffè che si
chiamava Walker’s Cafè. E ogni notte, finito il lavoro al Casino,
io andavo là a cantare come Bing Crosby. In fondo fu per colpa
di Bing Crosby che lasciai la scuola e mi misi a fare il
benzinaro, poi il boxeur, capisch?
Non s’è mai pentito, Dino, di aver lasciato la scuola ed esser
rimasto ignorante?
No, mai. Perché a parer mio s’impara più sui marciapiedi che
dietro un banco di scuola. Intendiamoci, con questo non voglio
mica dire bambini non andate a scuola. Voglio dire che per me
fu un bene. E poi perché avrei dovuto imparare la geografia
quando mi divertivo più a fare la boxe? Vuoi vedere le cicatrici?
Guarda. Questo taglio sul labbro. E questo taglio al
sopracciglio. I denti, avessi visto che roba i denti. Tutti pigiati
indentro. Per questo ho dovuto rivestirli. E poi il naso. Gesù.
Era schiacciato come una sogliola. Tutti dicono: «S’è rifatto il
naso». Non è vero, l’ho raddrizzato, l’ho riportato dov’era prima
che facessi la boxe. E poi le dita. Guarda. Me le son tutte rotte a
fare la boxe. Gesù. Non sono belle mani, eh? Io non le faccio
mai vedere perché me ne vergogno. Del resto non c’è nulla di
bello in me. Voglio dire, non sono davvero bello a guardarsi.
Ma non me ne importa più.
«Ho una paura pazza degli ascensori»
Dica un po’, Dino: se non fosse riuscito a diventare un divo, un
cantante, insomma quello che è, cosa avrebbe fatto?