Page 354 - Oriana Fallaci - 1968
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per lì non ti dicono, e son sempre lì a raccontarti quanto sono
                buone e brave eccetera. Non me ne frega un accidente di sapere

                quanto sono buone, io mi trovo meglio con gli uomini perché
                con  loro  so  di  cosa  si  tratta,  posso  giocare  a  carte  e  dire  le

                parolacce e discutere o star zitto. Con le donne no. Oddio, due o
                tre donne presentabili le conosco, Ursula Andress ad esempio, e

                Barbara Rush, ma io sto meglio con Frank e con Nicky e con
                Vic e con Tony e insomma coi miei amichini italiani, capisch?


                E con Jerry Lewis? Eravate tanto amici, e ora sembra che siate

                nemici. Cosa accadde fra lei e Jerry Lewis?


                Accadde che non era un amico, ecco tutto. Non lo è mai stato, io

                con Jerry mi sono sempre mangiato il fegato. Incominciavo a
                cantare una canzone, la macchina da presa mi inquadrava e poi

                subito  si  spostava  su  Jerry  che  stava  facendo  strizzatine
                d’occhio, boccacce, stupidate eccetera. Mai che riuscissi a finire
                la  mia  dannata  canzone.  Non  contava  che  Jerry  Lewis,  Jerry

                Lewis, e io ero meno che la sua spalla: ero una comparsa. E in
                ogni  film  facevo  la  parte  dell’idiota.  E,  sai,  i  soldi  sono

                importanti  ma  i  soldi  non  sono  tutto:  ho  ragione?  Un  giorno
                tornai  a  casa  e  dissi:  pianto  tutto.  E  gli  avvocati  dissero:  non

                puoi. E io dissi: sì che posso, guardate. E gli avvocati dissero:
                sei pazzo. E io dissi: sì, però me ne vado lo stesso. E seguirono

                giorni durissimi, per un anno mi sembrò di morire perché non
                mi voleva nessuno, e se il mio amico Frank non mi avesse dato
                il ruolo in quel film… Ma il mio amico Frank me lo dette e così

                divenni finalmente un attore. Ché io mi diverto come un pazzo a
                fare l’attore. Giuro. Non fò neanche un po’ di fatica. Senti, io

                non capisco questi fetenti di attori che la sera tornano a casa e
                dicono: oddio sono stanco, ho lavorato tanto. Lavorato che? È

                un lavoro quello? Fanno una scena e, se la fanno troppo male, la
                ripetono. E dopo la scena ti danno una poltrona perché ti metta a

                sedere: neanche tu avessi sollevato una pietra. Un minutino di
                macchina da presa e poi la poltrona. Ma che diavolo di fatica
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