Page 360 - Oriana Fallaci - 1968
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esattamente ciò che vi è detto, senza cambiare niente. Nessun
servizio avrebbe potuto essere più vivo, più drammatico di
questo racconto fatto con la sua viva voce. Ogni tanto il
discorso è interrotto da qualche lamento, da medici e infermieri
che entrano ed escono dalla stanza, da pause di stanchezza della
nostra collega. Il servizio di Oriana Fallaci che pubblichiamo è
più di un racconto: è un eccezionale documento giornalistico.
(All’inizio del nastro si sentono voci, c’è gente nella stanza
d’ospedale dove si trova Oriana Fallaci. Un’infermiera le
ordina, in spagnolo, di non agitarsi. Poi comincia il racconto di
Oriana Fallaci.)
Mi sento male, ho ancora la testa confusa. Vedi, c’è qualcosa
che mi fa più male del dolore, di questo dolore tremendo alla
spalla, al polmone, al ginocchio, alla gamba, mi fa più male del
dolore fisico: mi fa male questo incubo che mi ritorna, che mi
ossessiona. Il dolore fisico si sopporta ma l’incubo no. Non è
l’incubo della guerra del Vietnam, io nel Vietnam ho visto delle
cose spaventose, ho seguito delle battaglie tremende, dei
pericoli allucinanti, ma era diverso, perché sapevo di andare alla
guerra. Uno va in Vietnam e sa che va alla guerra e la guerra è
una cosa dove ci sono dei signori armati da una parte e degli
altri signori armati dall’altra: sai anche che si spara da tutte e
due le parti. Ma quello che è successo là la sera in cui io sono
stata ferita non era una guerra. Era atroce perché non era la
battaglia di Dak To, non era la battaglia di Da Nang, non erano i
vari scontri nel delta del Mekong, ai confini con la Cambogia o
che diavolo. E non aveva niente a che vedere con le guerre che
più o meno tutti, facendo questo mestiere, abbiamo visto come
corrispondenti. Capisci? Non era una guerra. E non doveva
essere una notte di sangue. Se insisto su questo punto è perché
voglio cercare di spiegare quest’incubo che mi torna e mi
ritorna la notte.
La storia dell’altra sera è questa: poi andrò indietro e ti