Page 331 - Oriana Fallaci - 1968
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qualsiasi  classe  sociale.  Non  dimentichi  che  sono  figlio  di  un
                contadino.



                Santità, come poteva esserne consapevole lei che a quel tempo
                era un bambino chiuso a chiave nella reggia di Potala?



                Ne  ero  consapevole  invece:  perché  ero  un  bambino  e  poi  un
                giovane  saggio.  Un  Dalai  Lama  viene  educato  per  trovar  la

                saggezza: io la trovai molto presto e attraverso di essa vedevo e
                capivo.  I  tesori  più  inutili  affollavano  i  templi  e  le  cantine  di

                Potala, delle case dei ricchi, mentre la mia gente veniva sfruttata
                dai  raccoglitori  di  tasse.  Certo  che  sapevo.  E  non  avrei  avuto
                bisogno dei cinesi per fare riforme. Prima ancora che i cinesi

                piombassero  sopra  di  noi  io  vagheggiavo  una  rivoluzione
                sociale. Ma una rivoluzione buona, adatta al Tibet, alla nostra

                storia,  alla  nostra  religione:  non  una  rivoluzione  che  fosse  la
                cattiva copia di quella cinese. I cinesi per noi non sono mai stati
                apportatori  di  idee  rivoluzionarie,  sono  sempre  stati

                conquistatori e basta. Incominciai le riforme, le più necessarie,
                quando avevo sedici anni. E per nove anni mi battei coi cinesi

                spiegando  loro  che  volevamo  seguire  la  nostra  strada  e  non
                quella  di  Pechino.  Ma  la  parola  rivoluzione  per  loro  era  una

                parola e basta: essi volevano farci diventare una colonia della
                Cina  e  nient’altro.  Lo  spiegai  anche  a  Mao  Tse-Tung.  Mi

                sembrava che avesse capito. Ma ai suoi generali non interessava
                l’espansione del credo marxista, ai suoi generali interessava il
                dominio.  E  fu  contro  quel  dominio  che  nel  1959  scoppiò  la

                rivolta. Una rivolta popolare, non una rivolta borghese. Fu come
                se  una  massa  di  insetti  soffocati  da  una  coperta  fuggissero  di

                sotto la coperta per pungere chi ci stava sopra, il mondo non lo
                sa perché il mondo non si è mai occupato del Tibet ma degli

                aspetti fiabeschi del Tibet: dei suoi tesori, delle sue processioni,
                dei suoi Dalai Lama. Neanche oggi il mondo sa che, se un fatto

                favorevole si presentasse, il Tibet comunista si ribellerebbe alla
                Cina.  Né  più  né  meno  come  sta  accadendo  in  certi  paesi
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