Page 329 - Oriana Fallaci - 1968
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Tibet, è prigioniero di un passato che lo strangola senza pietà:
nel suo piccolo cosmo tutto, in fondo, è come prima: gli stessi
cerimoniali, le stesse tradizioni, la stessa obbedienza agli
oracoli. Eppure, misteriosamente, inesplicabilmente, egli è un
uomo del nostro tempo: moderno, liberale, turbato da problemi
che sono i nostri problemi, da esigenze che sono le nostre
esigenze, da errori che sono i nostri errori. Sogna i grattacieli e
il viaggio alla Luna, paragona il dramma del Tibet a quello della
Cecoslovacchia, discute il marxismo. Libero da ogni complesso,
da ogni timore, da ogni schiavitù di pensiero e di gusto. Cos’è
stato? Cos’è? Non certo il suo incontro con Mao Tse-Tung,
dopo i piaceri che costui gli ha fatto. Non certo i due viaggetti
per partecipare ai congressi vegetariani. Non certo i giornali
americani e la radio: il suo inglese oltretutto è limitatissimo.
Che sia l’esercizio mentale cui fu sottoposto a Potala, lo studio
inumano che aprì il suo cervello a ogni possibile scelta? Forse.
Ma io credo che il vero motivo sia un altro: quel qualcosa che a
ogni momento storico si forma nell’aria e come il seme di una
pianta vola, portato dal vento. Non si sa mai dove può cadere un
seme portato dal vento: può cadere perfino dentro la reggia di
una civiltà chiusa, nella testa di un bambino dio reincarnato.
Ascoltiamo dunque questo hippy vestito da monaco sullo
sfondo dell’Himalaya: che uno sia o non sia d’accordo con lui,
egli resta un gran personaggio. È una mattina d’autunno, il suo
giardino è fiorito di rose, e nel tempietto una tromba
lunghissima chiama a raccolta i fedeli con un cupo ululare. Lui
invece ha una bella voce squillante, e una risala cordiale. Ride
quasi su ciascuna risposta come se gli sembrasse inutile averla
data: quale altra poteva dare? Ovvio che Mao Tse-Tung
vorrebbe vivere in un grattacielo, ovvio che mi darà un colpo di
telefono se viene a New York. Salutandomi, fermerà un mio
tentativo di inchino e mi tirerà una gran botta sopra la spalla: a
mo’ di saluto. Ma dove l’avrà visto? Chi glielo avrà insegnato?
Ecco l’intervista.