Page 330 - Oriana Fallaci - 1968
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Una rivoluzione adatta al Tibet
ORIANA FALLACI: Santità, se per un miracolo o un improvviso
capovolgimento politico le fosse concesso di tornare nel Tibet e
viverci così com’è oggi, accetterebbe di governare un paese
ormai comunista?
SUA SANTITÀ IL DALAI LAMA: Naturalmente. Che leader sarei se
volessi impedire il corso delle cose? C’è a chi piace fumare e a
chi non piace fumare: il fatto che io non fumi non mi pone
contro quelli che fumano. I giovani tibetani sono cresciuti
nell’ideologia comunista: per questo non dovrei governarli?
Non mi preoccupa affatto che il Tibet sia comunista. Il
comunismo del resto diventa un male quando passa al servizio
di un imperialismo, come il comunismo cinese. Sicché il
nemico del Tibet è il comunismo cinese dietro cui si nasconde
l’imperialismo cinese. La Cina ha sempre voluto conquistare il
Tibet e ciò che accade oggi fra la Cina e il Tibet non è che la
ripetizione di qualcosa che è già successo nei secoli. Sicché il
mio compito non è agitare l’anticomunismo dei tibetani, è
tenerne vivo il nazionalismo: ricordare loro che possono essere
comunisti ma non dimenticare che sono anche tibetani e
anzitutto tibetani.
È una risposta che non mi aspettavo, Santità.
È l’unica che posso dare: sono un uomo che appartiene al
proprio tempo, non un fossile del passato. Sono un uomo
innamorato di tutte le idee rivoluzionarie, sono sempre stato in
favore dei rinnovamenti. Il comunismo cinese produce armi
nucleari, e ciò è male. Mira alla conquista del mondo, e ciò è
male. Non beneficia di conseguenza le masse, e ciò è male.
Però, e malgrado questo male, ha raggiunto alcuni risultati.
Perfino nel Tibet. Tenga presente che la democrazia non
esisteva nel Tibet, o esisteva soltanto nel sistema monastico per
cui un ragazzo poteva accedere a cariche importanti venendo da