Page 327 - Oriana Fallaci - 1968
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zappe.  Affacciato  alle  finestre  da  cui  aveva  ammirato  le
                processioni fastose, scorgeva gli accampamenti cinesi e i cartelli

                dove Budda veniva tacciato di reazionario. Non era più padrone
                di nulla. Un giorno si ammalò e un medico andò a visitarlo; lui

                lo ringraziò con un pezzo di giada ma, quando il medico uscì, la
                giada  gli  fu  presa  da  un  ufficiale  maoista  il  quale  disse  che
                apparteneva al popolo cinese. Vasi e statue d’oro venivano fusi

                per ricavarne lastre da inviare a Pechino. Gli arredi sacri erano
                fatti  a  pezzi  per  diventare  costumi  teatrali.  Bruciate  le

                pergamene millenarie, le immagini sacre, le immagini religiose,
                di Potala non restavano ormai che le mura. E in tale catastrofe

                ecco giungere il marzo 1950, l’Anno della Tigre dell’Acqua.
                    Il Dalai Lama è ormai un giovanotto di ventidue anni e ha

                appena  preso  la  laurea  in  metafisica  discutendola  coi  vecchi
                tutori nel corso di una cerimonia squallida, quasi segreta. Arriva
                un messo e lo informa che nel campo cinese al di là del Fiume

                di  Pietra  c’è  uno  spettacolo  cui  egli  è  rigorosamente  invitato
                senza guardia del corpo e senza scorta armata. Il Dalai Lama sa

                cosa vuol dire. Quattro lama hanno già ricevuto l’invito e non
                sono tornati. Si sparge la voce che la sua vita è in pericolo, col

                pretesto di volerlo proteggere trentamila tibetani circondano il
                palazzo  gridando:  «Il  Tibet  ai  tibetani».  Fu  la  rivoluzione,  il

                massacro.  Se  i  cinesi  hanno  le  armi  automatiche,  i  tibetani
                hanno solo bastoni e coltelli. Stavolta è proprio necessario che il
                Dalai  Lama  tenti  di  fuggire.  Promette  quindi  che  presenzierà

                allo spettacolo al di là del Fiume di Pietra, ma quando scende la
                sera si traveste da soldato, si toglie gli occhiali per non essere

                riconosciuto,  e  brancolando  nel  buio,  nella  sua  miopia,  si
                allontana da palazzo. Lo seguono solo i membri della famiglia e
                pochi  fedeli,  travestiti  anche  loro.  Insieme  a  loro  attraversa  i

                giardini  dove  non  cresce  più  nulla,  passa  dinanzi  ai  mausolei
                scortecciati  delle  lastre  d’oro,  ai  templi  vuoti,  ai  musei

                saccheggiati, supera le sacre mura e si tuffa dentro la folla, fra le
                truppe  cinesi,  raggiunge  i  cavalli  che  subito  scattano

                galoppando nel buio. Di villaggio in villaggio, di montagna in
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