Page 324 - Oriana Fallaci - 1968
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una  palanchino.  Malgrado  i  disagi,  non  dà  mai  segno  di
                stanchezza o di noia. Capita a volte che il corteo si fermi presso

                un  centro  abitato  e  che  la  folla  corra  a  circondarlo  danzando,
                suonando  cimbali  e  flauti,  bruciando  incenso  di  rose:  ma

                neanche  allora  lui  piange  o  ride,  o  si  comporta  come  un
                bambino.  Resta  lì  solenne  a  ricevere  gli  omaggi  e  lo  stesso

                accade  quando  giunge  alle  porte  di  Lhasa  dove  decine  di
                migliaia  di  fedeli  lo  aspettano:  insieme  ai  membri

                dell’Assemblea  Nazionale,  i  centosettantacinque  monaci  che
                governano il Tibet, i rappresentanti della Cina, del Bhutan, del
                Nepal, del Sikkim. Lo stesso quando egli entra nella reggia di

                Potala,  quando  viene  trasferito  nella  residenza  estiva  di
                Norbulingka,           quando        lo     presentano          nella      cattedrale.

                L’investitura avviene il quattordicesimo giorno del primo mese
                dell’Anno  del  Drago  di  Ferro,  in  un  fasto  allucinante  e
                interminabile. Per ore e ore il bambino deve restar composto sul

                suo altissimo trono, schiacciato sotto i pesanti drappeggi d’oro e
                d’argento, ad ascoltare inni sacri, preghiere, discorsi, poesie, ad

                accettare  l’offerta  di  gioielli,  di  fiori,  di  frutta,  a  guardare  le
                danze sacre e i noiosissimi riti. Ma non si abbandona mai a uno

                sbadiglio, a un errore.
                    È  un  bambino  eccezionale,  d’una  intelligenza  quasi

                sconcertante per la sua età. E i suoi tutori sono pazienti quanto
                spietati.  A  sei  anni  egli  impara  già  l’astrologia,  la  poesia,  la
                composizione  e  la  musica.  A  dieci  studia  già  il  sanscrito,  la

                dialettica,  la  metafisica,  l’arte  di  guarire  e  la  psicologia  della
                religione.  Una  minima  parte  della  giornata  gli  viene  concessa

                per il riposo e pei giochi: dall’alba fino a notte inoltrata egli sta
                chino  sui  libri  e  presto  la  vista  ne  soffre:  è  necessario  fargli
                spedire  dall’India  un  paio  di  occhiali.  Con  quegli  occhiali  e

                quella  sapienza  egli  cresce,  adorato  come  un  dio  e  sacrificato
                come  un  prigioniero,  ignorando  tutto  di  ciò  che  avviene  al  di

                fuori  della  fiabesca  gabbia  in  cui  vive.  Più  che  una  reggia,
                Potala è un magazzino di paradossali ricchezze. Contiene tutti i

                fantastici  doni  degli  imperatori  mongoli  e  cinesi,  le  sontuose
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