Page 336 - Oriana Fallaci - 1968
P. 336

perché?


                Credo che sia incominciato con quell’automobilina. Quand’ero

                bambino mi giungevano molti regali, da ogni parte del mondo.
                Ma  in  massima  parte  erano  oggetti  preziosi,  e  non  mi

                interessavano.  Poi,  un  giorno,  arrivò  quell’automobilina.  È  la
                cosa  che  ricordo  meglio  della  mia  infanzia,  il  resto  è  così
                confuso.  Ricordo  ad  esempio  le  cerimonie  e  le  danze  che

                seguivo dietro una cortina di garza. Ricordo un vago desiderio
                di  stare  coi  bambini,  non  vedevo  mai  bambini.  Ricordo  un

                inconfessato bisogno della mamma; non vedevo la mamma che
                velocemente, una volta al mese o ogni due mesi. Ricordo che la

                reggia  di  Potala  non  mi  piaceva  e  preferivo  quella  di
                Norbulingka perché c’erano i pesci e gli uccelli e poi c’era un

                orto dove si coltivavano cavoli immensi e ravanelli giganti. Io
                mi divertivo a correre intorno ai cavoli. Ma su tutto questo si
                alza, vittorioso, il ricordo di quella automobilina. Quando la vidi

                non sapevo neppure cosa fosse, a cosa servisse. Ma sentii che
                era bella, più bella dei cavoli, dei ravanelli giganti, e con lei non

                avevo  più  bisogno  degli  altri  bambini  e  della  mamma.
                Camminava da sé. Cominciai a chiedermi come funzionasse, e

                perché. La disfeci e poi la rifeci. Da allora tutte le volte che mi
                capitò una cosa meccanica, sentii il bisogno di disfarla e rifarla.

                Le  cose  meccaniche  per  me  furono  sempre  una  favola.  Anzi,
                furono la mia favola.


                Ebbe altre favole dopa quella automobilina?



                Sì, perché si seppe che amavo le favole e così presero a inviarmi

                le favole. Un giorno mi giunse una favola ancor più misteriosa:
                un aeroplanino. A caricarlo, volava. Disfeci anche quello, non
                riuscii più a farlo volare e ne piansi. Allora mi giunse una favola

                lunga  che  faceva  anche  un  suono:  un  trenino  elettrico.  Mi
                giunse dentro una scatola con le istruzioni, bisognava montarlo.

                Ordinai che nessuno lo toccasse: lo avrei montato da me. Ce la
   331   332   333   334   335   336   337   338   339   340   341