Page 318 - Oriana Fallaci - 1968
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È seguito un silenzio di raccoglimento: Shanti Baba sedeva con
                le gambe incrociate sul letto, sulle gambe aveva una sciarpa e

                Banerjee ha spiegato che tal posizione serviva a entrare in stato
                di  supercoscienza.  Poi  il  silenzio  s’è  rotto  e  Shanti  Baba  s’è

                messo a pregare. Banerjee ha spiegato che stava chiedendo la
                complicità  degli  spiriti.  Dalle  preghiere  è  presto  passato  alle
                invocazioni. Sommesse dapprima, poi forti. Sempre più forti e a

                un  tratto  così  forti  che  non  erano  più  invocazioni,  erano  urla
                sconnesse.  Urlando  piangeva  e  implorava:  «Ti  supplico,

                aiutami! Sii buona, aiutami! Una volta, una volta sola, fammi
                questo  piacere!  Non  voglio  perdere  la  mia  reputazione!».  Si

                rivolgeva  alla  dea,  perché  gli  consentisse  il  miracolo,  e  io
                provavo una gran voglia di andarmene. Mi dispiaceva vederlo in

                quelle condizioni, mi spiego, a parte il fatto che mi vergognavo
                per  quelli  delle  camere  accanto.  Chissà  cos’hanno  pensato.
                Magari a un’orgia. Guarda: avessi avuto un cocomero, una noce

                moscata, un oggetto qualsiasi, glielo avrei messo in mano per
                fargli credere che lo aveva materializzato dal nulla e così farlo

                chetare.  Per  una  frazione  di  secondo  ho  perfino  pensato  di
                regalargli il mio anello: e che non se ne parlasse più. Infatti ho

                sussurrato a Banerjee: «Vogliamo aiutarlo noi?». Ma Banerjee
                ha risposto: «Zitta, sta per accadere». Banerjee era emozionato,

                molto emozionato. M’è tornata in mente la NASA, l’Accademia
                delle scienze sovietiche.
                    D’un tratto Shanti Baba s’è come composto. Ha afferrato la

                sciarpa e l’ha alzata verso il soffitto, con aria solenne. Poi ha
                allungato la sciarpa a Banerjee e gli ha detto: «Ecco». Banerjee

                l’ha presa e con grande sollievo ho notato che dentro c’era un
                mango. Un piccolo mango appassito, schiacciato: neanche fosse
                stato tre ore dentro un busto di cuoio. Non ci avrei messo un

                dito sopra per tutto l’oro del mondo. Banerjee invece lo ha preso
                e lo ha studiato a lungo, poi l’ha posato sul comodino con un

                rispetto che m’è parso eccessivo. A questo punto credevo che
                fosse finita ma non era finita per niente. Infatti quel disgraziato

                ha ricominciato a berciare: spiegando alla dea che il mango lo
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