Page 314 - Oriana Fallaci - 1968
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chiave  in  quel  vecchio  dall’apparenza  disgustosa  e  dalla
                sostanza divina. Mi sento piccola, indegna, ho vergogna della

                civiltà in cui sono nata. Ma che ne facciamo di quei televisori,
                di  quegli  aeroplani,  di  quelle  centrali  elettriche?  Cos’è  un

                protosincrotrone  paragonato  a  un  Baba  che  dal  nulla  ti
                materializza le cose? Gli ho chiesto cosa avrebbe materializzato
                per me. Mi ha risposto: gioielli. E poi me li avrebbe donati? Sì,

                certo,  lui  che  se  ne  fa?  Son  rimasta  senza  fiato.  Non  mi  son
                scoraggiata  neanche  quando  ha  precisato  che  la  cerimonia

                sarebbe avvenuta dopo le tre perché fra l’una e le tre la dea non
                consente  miracoli,  e  poi  lui  voleva  dormire.  Sono  uscita  in

                fretta,  per  non  disturbarlo.  Non  vedo  l’ora  di  tornare  da  lui.
                Mica  per  l’ingordigia  di  beccarmi  i  gioielli.  Per  il  fatto,

                ammettiamolo, che sarò l’unica donna del mondo a possedere
                gioielli  nati  da  un  miracolo.  Perbacco!  Anche  il  professor
                Banerjee è molto contento. Non fa che rivolgermi complimenti,

                ma che posso farci? Tanto non c’è mica sua moglie ad ascoltare.
                Dimenticavo di dire che escludo in Shanti Baba la possibilità di

                ogni trucco. Fuorché per un cencio rosso che gli fascia la testa, e
                un cencio bianco che gli copre l’inguine, non ha indosso nulla

                dove potrebbe nascondere oggetti. È praticamente nudo.


                ORE 17. Alle tre e mezzo eravamo lì. Ho capito che qualcosa

                non andava quando ho visto che non era più nudo. S’era messo
                un dhoti intorno alla parte inferiore del corpo, più un immenso
                busto  di  cuoio  che  lo  imprigionava  fino  all’altezza  del  cuore:

                strizzando  la  palla.  Così  conciato  lanciava  urla  strazianti  e
                invocava se stesso: «Oh, Shanti Baba! Oh, Shanti Baba!». Il che

                m’è  parso  giusto  perché  se  uno  deve  invocare  un  santo  ed  è
                santo,  tanto  vale  che  invochi  se  stesso:  in  tal  modo  è  certo

                d’essere  ascoltato.  Comunque  sia,  il  professor  Banerjee  s’è
                avvicinato e gli ha chiesto che avesse. Ha risposto di avere male

                alla palla: ogni tanto la dea gli impone sofferenze per punirlo
                delle cattive azioni commesse nella vita precedente, quand’era
                un bramino. «Ciò significa che non materializzerà i gioielli?» ho
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