Page 315 - Oriana Fallaci - 1968
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gridato, delusa. Ma Shanti Baba ha chiarito che i gioielli li
avrebbe materializzati lo stesso, non mi preoccupassi, aspettassi
soltanto la fine della crisi. Ne valeva la pena e mi son messa ad
attendere, mentre Banerjee strizzava l’occhio e diceva: «Uno
anche a me, eh? Un gioiello anche a me. Per il materiale
documentario dell’università». È passata mezz’ora. A volte il
dolore si placava e io facevo il gesto di avvicinarmi ma Shanti
Baba se ne accorgeva e ricominciava a urlare: ero costretta a
sedermi di nuovo, con un sospiro. Finalmente è arrivato un
ragazzo, con un giornale. Cosa ci fosse dentro il giornale non so
ma Shanti Baba ha smesso di urlare, ha preso il giornale, e ha
detto a Banerjee d’essere pronto. Siamo balzati in piedi come
due gatti, Shanti Baba ha sorriso: mi pare con ironia. M’ha
chiesto se avrei gradito la materializzazione di molti anelli. Ho
risposto eccome. Allora ha posato gli occhi sulle mie mani e ha
annunciato che gli serviva il mio anello.
Ecco, il mio anello è un bellissimo anello. Tutti brillanti
purissimi e, al centro, un rubino sangue di piccione che è una
meraviglia. E poi è un anello cui tengo molto per motivi
sentimentali: un dono, mi spiego. Non lo tolgo mai. Così alla
richiesta di Shanti Baba ho provato come uno smarrimento e ho
fissato Banerjee come a chiedergli aiuto. Banerjee sembrava
sorpreso, ma ha detto: «Evidentemente si tratta di una
moltiplicazione. Lo tolga». È seguito un dialogo febbricitante:
«Se lo tolgo me lo restituisce?». «Ma certo.» «Questo Shanti
Baba è una persona perbene, no?» «Suvvia, cosa dice?!»
«Voglio dire, nel materiale documentario dell’Istituto di
parapsicologia un caso di moltiplicazione è previsto, no?»
«Sicuro!» «Io gli do un anello e lui me lo rende con tanti
anelli?» «Evidente.» Allora l’ho tolto. Con un gesto lentissimo
l’ho porto a Shanti Baba che subito l’ha fatto sparire dentro il
giornale. Il mio volto s’è fatto di cenere ma il professor
Banerjee ha sussurrato: «Tranquilla, non tema». Shanti Baba s’è
messo a invocare. Parole in sanscrito che neanche Banerjee
riusciva a tradurre. Invocando piangeva: non so se per il male