Page 310 - Oriana Fallaci - 1968
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io sapessi fare quel che sa fare Shanti Baba, Barbara Hutton
l’assumerei come mia cameriera. Be’, alla prima domanda il
professor Banerjee ha risposto che certe cose accadono in India
perché in India v’è una cultura diversa dalla nostra: cioè
interiorizzata e individualizzata anziché esteriorizzata e
collettivizzata. La cultura occidentale mira al raggiungimento di
piaceri materiali, quella indiana al raggiungimento di piaceri
spirituali. Noi abbiamo inventato l’aereo e la televisione, loro la
profondità del pensiero. Non solo: il sapere in India è più antico
che in Occidente, è forse il sapere più antico del mondo.
All’inizio della storia umana l’India non era povera come oggi,
bruciata dal sole e senz’acqua. Era un paese verdissimo, fertile,
sguazzava nella ricchezza e nel fresco: in tali condizioni si
raggiungono alte vette di cultura. Così alte che neppure la
decadenza in cui poi è precipitata ha potuto estinguerne le
radici.
Alla seconda domanda il professor Banerjee ha risposto che i
Baba producono soprattutto fiori e frutta perché sono poeti: la
materializzazione è in fondo poesia. Però non è vero che
producono solo fiori e frutta: a volte materializzano gioielli,
sari, oggetti preziosi. Ce n’è uno, Sadguru Baba, che a Bombay
in un anno ha prodotto ben quarantatré fra vasi d’oro, d’argento,
di ambra, di marmo, statuine di Shiva, Balkrishna, Ganapati,
Parvati, altre dee, nonché incensieri, collane, uova di
pregiatissimo marmo, cose poi fotografate e raccolte in un
museo. Sadguru Baba si incide il ventre, ne tira fuori tutti quegli
oggetti, e quando ha finito non si vede neanche più la ferita che
s’è procurato incidendosi il ventre. Però lo fa per onorare gli
dei, non per commercio: il che risponde alla terza domanda. I
Baba non vogliono essere ricchi: la povertà per loro è ricchezza,
la materializzazione per loro è preghiera. Servirsi per vantaggio
personale di quella virtù sarebbe per loro blasfemo: come per un
sacerdote cattolico ubriacarsi col vino eucaristico. Me ne
renderò conto, dice Banerjee, vedendo Phool Chand Thada che
per metà della sua vita fece l’impiegato delle ferrovie, poi