Page 305 - Oriana Fallaci - 1968
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su cui egli possa testimoniare. C’è quello di Ajmer, ad esempio,
                che  avvenne  il  2  novembre  1967  ad  opera  del  santone  Phoot

                Chand Thada: alla presenza di ventotto persone, fra cui alcuni
                membri  dell’università.  Ho  le  fotografie  dove  si  vede  un

                vecchio  dinanzi  a  una  pentola,  poi  dinanzi  a  una  ghirlanda  di
                gelsomini, poi dinanzi a un grappolo di banane. Ho il rapporto,
                lo copio.



                   «Rpt  106,  soggetto  Phool  Chand  Thada.  Nato  il  2  settembre  1901.
                   Impiegato  delle  ferrovie  fino  al  1922,  poi  discepolo  del  guru  Swami
                   Paranhansa Ashtirth di Allahabad. Dichiarazione firmata. “Avendo udito
                   negli  ultimi  anni  numerosi  racconti  sui  poteri  soprannaturali  del
                   suddetto, volli conoscerlo e chiedergli di effettuare un esperimento per la
                   mia facoltà. Lo trovai dopo numerose ricerche ad Ajmer, ottanta miglia
                   da Jaipur. Accettò con esitazione e chiarendo che mi accontentava solo
                   per convincermi che esiste qualcosa al di là del mondo tangibile. Il luogo
                   prescelto era la casa di mio fratello. Egli giunse a piedi, non volle salire
                   sulla  mia  automobile.  Qui  gli  facemmo  cambiare  indumenti,  onde
                   accertarci che non nascondesse niente, poi lo ospitammo in una stanza
                   vuota: sedendoci per terra e intorno a lui. Il suddetto era assiso con le
                   gambe incrociate. Un dhoti gli copriva le reni e una sciarpa le spalle. Il
                   resto  del  corpo  era  nudo.  Mise  dinanzi  a  sé  una  immagine  del  dio
                   Krishna e chiese un pezzo di carbone, una pentola piena di acqua e una
                   pentola  vuota  più  grande.  Ci  chiese  di  gettare  il  carbone  nell’acqua  e
                   coprì  la  prima  pentola  con  la  seconda  pentola.  Lo  osservavamo  con
                   enorme attenzione, pronti a cogliere ogni piccolo trucco. Il suddetto si
                   perse  immediatamente  in  preghiere,  e  canzoni  sacre.  Ci  parve  che
                   soffrisse. Dopo dieci minuti zittì e si calmò. Ci chiese di capovolgere la
                   pentola grande per scoprire la pentola dove avevamo messo l’acqua e il
                   carbone. Così tacemmo e, al posto dell’acqua e del carbone, c’era una
                   ghirlanda di gelsomini.
                   «“Superato il nostro sbalordimento, il suddetto la prese e la mise intorno
                   al  ritratto  del  dio  Krishna.  Io  chiesi  al  suddetto  di  offrirci  un  altro
                   esperimento. Allora egli ci chiese un altro pezzo di carbone e lo buttò
                   nella  pentola  piccola  e  ormai  vuota,  capovolgendoci  sopra  la  pentola
                   grande. Ricominciò a pregare e cantare, stavolta con più violenza però.
                   Presto  i  suoi  occhi  divennero  iniettati  di  sangue  e  le  grida  si  fecero
                   orrende. Si acquetò d’un tratto, chiedendoci di togliere la pentola grande.
                   Così facemmo e nella pentola piccola c’era un grappolo di banane, fu
                   interessante  notare  che  ad  Ajmer  quella  non  era  stagione  di  banane
                   perché proprio quella mattina io le avevo inutilmente cercate. È anche
                   interessante  notare  che  si  trattava  di  banane  Bulsar  le  quali  crescono
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