Page 301 - Oriana Fallaci - 1968
P. 301

volta, dolcemente, facendo ogni tanto un viaggetto, qua è là…


                Rideva, rideva, rideva.



                SESTO GIORNO. Sono ormai convinta che si tratti di un grosso

                bluff.  Tale  certezza  è  avvalorata  da  altre  cose  che  ho  saputo.
                Non è vero che i Beatles siano in buoni rapporti con lui. Ringo
                se  ne  andò  quasi  subito,  bestemmiando.  Paul  partì  dopo  due

                settimane, maledicendo. Quanto a George e John, c’erano quelli
                della troupe quando il dramma avvenne. D’un tratto si udì un

                gran frastuono e George apparve con John, seguito dai portatori
                di  valigie.  Gridavano  come  pazzi  e  facevano  un  gesto  che
                consiste  nel  portare  il  braccio  destro  verso  il  braccio  sinistro,

                poi nell’abbattere la mano destra nell’incavo del braccio sinistro
                che  nello  stesso  momento  si  chiude  a  forbice.  Un  gesto  che

                suppongo  i  Beatles  abbiano  appreso  in  Italia.  Tale  gesto  era
                diretto  al  Maharishi  che  li  seguiva  inciampando,  implorando,

                ma  loro  non  si  facevano  raggiungere  e,  giunti  al  cancello,
                gridarono:          «Raccontala           agli       altri      la      meditazione

                trascendentale!».  Ora  i  Beatles  vanno  in  giro  dicendo  di  aver
                commesso un errore a credere nel Grande Saggio: egli è, come
                dire?,  «troppo  umano».  E  di  certo  egli  «non  si  costruirà  un

                tempio d’oro coi loro quattrini», è più facile che il tempio d’oro
                se  lo  costruiscano  loro  con  la  canzone  che  sintetizza

                l’esperienza di Rishikesh. La canzone si chiama The Fool Who
                Lives on the Hill, lo scemo che vive sulla collina.

                    Ho  accettato  di  recarmi  a  Rishikesh,  accompagnata  da
                Devendra.  Un  viaggio  difficilissimo  anche  perché  Devendra

                puzzava. Io l’ho fatto andare avanti con l’autista ma lui puzzava
                lo  stesso.  La  strada  era  seminata  di  cani  schiacciati  perché  in
                India  si  guida  in  modo  assai  disinvolto.  Per  giungere  in  vista

                dell’Himalaya ci sono volute otto ore durante le quali Devendra
                mi  ha  raccontato  di  quando  era  avvocato  in  Australia  ma  lì

                conobbe il Grande Saggio e così cambiò vita.
                    Finalmente  siamo  arrivati  a  un  ponte,  sospeso  a  un’altezza
   296   297   298   299   300   301   302   303   304   305   306