Page 299 - Oriana Fallaci - 1968
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Io devo lavorare. E a quanto ho capito questa meditazione
trascendentale va bene per chi non ha da far nulla. Si offende se
la chiamo filosofia per i ricchi?
Mi fa un complimento. A me non piace la povertà. La povertà è
sudicia. E i poveri sono antipatici, brutti. È il cristianesimo che
ha inventato la favola per cui i poveri sono simpatici e belli. I
ricchi lo sono molto di più, per questo coi ricchi io sto molto più
comodo. Per meditare bisogna star comodi, altrimenti non si
medita mica. A parte il fatto che per cambiare la propria epoca
bisogna stare coi ricchi, cioè con quelli al potere: mica coi
disgraziati. E forse i ricchi sono egoisti ma la base della
meditazione trascendentale è proprio l’egoismo in quanto la
meditazione si fa da soli e per nostro esclusivo interesse: mica
con gli altri e per gli altri. La felicità che si raggiunge attraverso
la meditazione è del tutto personale, e non può essere
distribuita. Voglio dire: resta chiusa a chiave in noi stessi. Però
qui sta il bello: se tutti fossero egoisti e pensassero solo alla
propria felicità, tutti sarebbero felici. E non ci sarebbero guerre,
e il mondo vivrebbe in armonia.
Detto fra noi, Maharishi: ma i poveri possono meditare?
Teoricamente sì, perché tutti possono meditare: non c’è bisogno
di una particolare intelligenza o cultura per farlo. E se
meditassero, diventerebbero ricchi perché il loro potenziale
intellettivo ne risulterebbe aumentato e con l’uso ritrovato della
fantasia riuscirebbero a fare quattrini. Praticamente, però, i
poveri sono come i bambini: non sanno pensare. E quindi non
sanno meditare. I poveri sono tali perché non usano il cervello
per togliersi dallo sterco in cui vivono, e in quel letargo
vegetano: in attesa dell’altrui generosità. Un albero pensa più di
un povero: la natura funziona sulla scia di un pensiero. E poiché
il pensiero è attività, il letargo di un povero è assenza di
pensiero…