Page 270 - Oriana Fallaci - 1968
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anni  seguenti  entrambi  continuarono  a  vederlo  perché  quando
                aveva bisogno di benzina si fermava da loro. Sirhan possedeva

                una vecchia De Soto e quando un pezzo si rompeva diventava
                matto a cambiarlo perché non si trovava. «E comprane un’altra»

                gli diceva Jack. Ma lui scoteva la testa e rispondeva che questa
                andava benissimo. «Il fatto» spiega Ivan «è che Sirhan è avaro

                fino alla spilorceria.»


                JACK  DAVIES:  «Lunedì  pomeriggio,  cioè  poco  più  di

                ventiquattr’ore prima dell’assassinio di Kennedy, Sirhan passò
                di qui per fare benzina. Io stavo telefonando e quando lo vidi gli
                feci un gesto con la mano come a dirgli: “Aspetta, ora vengo”.

                Volevo salutarlo, chiedergli come se la cavasse. Lui però non
                rispose  e  quando  ebbi  finito  di  telefonare  mi  accorsi  che  era

                scappato via. Ci rimasi male, però non me la presi perché Sirhan
                era  fatto  così:  un  tipo  strano,  taciturno,  recluso.  Però  un  tipo

                perbene,  un  gran  bravo  ragazzo.  Quando  la  radio  trasmise  la
                notizia che era lui l’assassino ero di nuovo al telefono: per lo

                sbalordimento lasciai cadere il ricevitore che si ruppe. Guardi, è
                ancora rotto. Il fatto è che di Sirhan non posso dire che bene: era
                puntuale, coscienzioso, cortese con i clienti. Era onesto, fidato,

                se fosse tornato a chiedermi lavoro lo avrei ripreso subito. Mi
                era  dispiaciuto  talmente  che  mi  lasciasse.  Mi  lasciò  perché  il

                benzinaro di giorno aveva un cattivo carattere, gli dava sempre
                fastidio,  e  a  lui  non  piacevano  le  discussioni.  Mi  lasciò  per
                andare  da  Ivan,  cui  lo  raccomandai.  Capisce:  non  aveva  mai

                commesso un errore, non era mai arrivato in ritardo, non si era
                mai addormentato, sebbene facesse un orario assai duro. Veniva

                alle  quattro  del  pomeriggio  e  se  ne  andava  alle  quattro  del
                mattino.  Per  non  addormentarsi  leggeva:  Dio  quanto  leggeva.

                Aveva  sempre  un  libro  in  mano.  E  poi  conosceva  due  o  tre
                lingue, fra cui il francese, mi sembra. Un ragazzo intelligente.

                    «A mio parere non aveva che un vizio: sprecava tutti i soldi
                puntando ai cavalli. Andava pazzo per i cavalli, diceva sempre:
                “Vado  a  puntare  cinquanta  dollari  sul  naso  del  cavallo  tale”.
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