Page 273 - Oriana Fallaci - 1968
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sempre Sol) cercava lavoro ed io la pregai di farlo venire da me.
                Lui venne e a mia moglie non piacque. Era piccolo, brutto. Mia

                moglie  esclamò:  “John,  ha  un’aria  strana,  non  mi  fido.  Non
                credi che spaventerebbe i clienti? Sembra una scimmia”. Ma io

                le risposi: “Non dire queste parole”. E lo assunsi. Pochi minuti
                mi erano bastati a riceverne una buona impressione: quella di un
                ragazzo  serio,  onesto,  pulito.  Mentalmente  e  fisicamente.  Ci

                mettemmo  d’accordo  per  quarantacinque  ore  di  lavoro  la
                settimana,  a  due  dollari  l’ora.  Lui  avrebbe  dovuto  occuparsi

                della  merce  nel  magazzino,  soprattutto  della  frutta,  tenere  il
                negozio pulito, consegnare la roba a domicilio. Il che fece, nei

                cinque mesi che seguirono, senza che potessi mai lamentarmi di
                lui:  veniva  sempre  puntuale,  non  mancava  neanche  quando

                stava  poco  bene,  era  onesto  al  punto  che  ben  presto  gli  detti
                anche  l’incarico  di  depositare  gli  incassi  della  settimana  alla
                banca.  Capitavano  giorni  in  cui  gli  affidavo  anche  duemila

                dollari. E poi mi accorsi che non diceva bugie, che era molto
                fedele  a  certi  standard  morali:  non  mentire,  non  fumare,  non

                bere, non raccontare storie sporche, non mancare di rispetto alle
                donne. Con le donne era riservato, distante. Non lo si vedeva

                mai con una ragazza e mia moglie restò molto sorpresa il giorno
                in  cui  lo  trovò  a  complimentare  una  nostra  impiegata  perché

                aveva  un  vestito  grazioso.  Ricordo  che  mia  moglie  disse:
                “Graziaddio le ragazze gli piacciono. M’ero messa in testa che
                non fosse normale”. Era normale: semplicemente, non osava far

                loro la corte. Forse perché si sentiva brutto. Il complesso della
                bruttezza  si  rivelava  in  lui  dalla  cura  che  dedicava  al  vestire:

                non  volle  mai  mettere  il  grembiule  che  in  negozio  portiamo
                tutti, per non sporcarci. Ma anche senza il grembiule non gli ho
                mai visto una macchia addosso. Di complessi del resto ne aveva

                più d’uno: tra gli altri, quello di venir trattato da inferiore.
                    «Non  accettava  gli  ordini,  nessuna  forma  di  autorità.  Non

                potevo dirgli, ad esempio: “Sol, sposta quella scatola”. Dovevo
                dirgli:  “Sol,  se  non  hai  altro  da  fare  ti  dispiacerebbe  spostare

                quella  scatola?”.  Oppure:  “Sai,  Sol,  penso  che  quella  scatola
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