Page 274 - Oriana Fallaci - 1968
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andrebbe  spostata.  Vuoi  farlo  tu?”.  Se  gli  dicevi:  “Sposta  la
                scatola”,  si  infiammava  subito  e  rispondeva:  “Io  non  sono  un

                servo, io sono tuo uguale, io non tollero ingiunzioni”. E poi non
                potevi mai ripetergli le cose più d’una volta, come si fa a volte

                pensando che uno non abbia capito. Si arrabbiava: “Me l’ha già
                detto, ho capito, non sono un cretino”. Era orgoglioso fino allo
                spasimo, fino all’arroganza. E in fondo mi piaceva per questo, o

                anche  per  questo.  E  poi  perché,  malgrado  questo,  mi  ispirava
                una certa pietà: c’era in lui qualcosa di insufficiente, disperato,

                infelice. Ci misi molto a capire che c’era in lui anche qualcosa
                di maligno, malvagio. Lo capii soltanto quando mi lasciò.

                    «È interessante come e perché mi lasciò. Un giorno di fine
                febbraio lo incaricai di consegnare la merce in tre posti diversi e

                gli  raccomandai  di  andare  prima  in  Montreal  Park,  poi
                all’indirizzo di Pasadena, poi a quello di Los Angeles, al centro
                della città. E lui fece esattamente il contrario. Quando tornò gli

                chiesi: “Sol, perché hai fatto esattamente il contrario? Avevano
                fretta  in  Montreal  Park”.  Rispose:  “Lei  mi  ha  detto  di  andare

                subito  in  città”.  “No,  Sol,  hai  capito  male.  Non  è  vero,  Sol.”
                Saltò  su  come  un  gatto:  “Ah  sì?  Allora  sarei  un  bugiardo?”.

                “Non  ho  detto  che  sei  bugiardo,  Sol.  Ho  detto  che  hai  capito
                male.”  “No,  ha  detto  che  sono  un  bugiardo.  Me  ne  vado,  mi

                licenzio.”  Aprì  la  porta  e  partì.  Tornò  dopo  qualche  minuto:
                “Signor  Weidner,  nell’ira  m’ero  dimenticato  che  secondo  un
                reciproco  accordo  devo  darle  un  preavviso  di  due  settimane.

                Così  starò  le  due  settimane.  La  mia  coscienza  me  lo  ordina”.
                Usò proprio la parola coscienza. E io dissi: “Come vuoi, Sol”.

                Infondo mi dispiaceva che se ne andasse: sia io che mia moglie
                c’eravamo  affezionati.  Be’,  i  quindici  giorni  scadevano  di
                domenica,  e  il  mercoledì  precedente  avvenne  quella

                discussione. Aprii il negozio, al mattino, e mi accorsi che non
                aveva coperto la frutta. “Sol,” osservai “ieri sera hai dimenticato

                di coprire la frutta.” “Non avevo tempo” rispose sgarbato. “Se
                non  avevi  tempo,  dovevi  dirmelo.  L’avrei  coperta  io.”  “Lei

                stava parlando con  qualcuno e  quando parla  non vuole  essere
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