Page 276 - Oriana Fallaci - 1968
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discussione  avvenne  a  proposito  degli  ebrei.  Li  odiava
                ferocemente e qualcuno gli aveva narrato che durante la guerra

                ne avevo salvati un migliaio. Voleva sapere perché, gli spiegai.
                Gli  dissi  che  sei  milioni  di  ebrei  erano  morti  nei  campi  di

                concentramento, gli raccontai degli orrori che avevo visto, del
                bambino ebreo che avevo visto strappare a una madre e gettar
                sotto un treno. Mi ascoltò compunto e poi rispose che li odiava

                lo stesso per ciò che facevano al suo paese. Affermava di aver
                visto uccidere non so quanta gente dai soldati di Israele. Se sia

                vero, non so: qualcuno mi ha confidato che non è vero e che
                racconta cose che ha letto nei libri. Tuttavia da quel giorno mi

                sforzai  di  cancellare  il  suo  odio,  ad  esempio  dicendogli  che
                l’odio è sbagliato: io avevo molto sofferto a causa dei tedeschi, i

                tedeschi mi avevano ucciso una sorella, i tedeschi mi avevano
                torturato,  i  tedeschi  avevano  assassinato  tanti  miei  amici,  ma
                non per questo io odiavo i tedeschi. Scuoteva la testa e ripeteva

                che  lui  non  era  me,  che  lui  avrebbe  continuato  ad  odiare  gli
                ebrei  e  chiunque  aiutasse  Israele.  Odiava  per  questo  anche

                l’America e da questo odio fioriva il suo antiamericanismo.
                    «“La  democrazia  non  esiste  in  America,”  diceva  “è  una

                parola e basta: come la parola libertà. Solo i ricchi, in America,
                usufruiscono  della  cosiddetta  democrazia,  della  cosiddetta

                libertà:  i  poveri  e  le  minoranze  sono  schiacciati,  guardi  come
                l’America si comporta nei riguardi dei negri.” “Sol,” rispondevo
                “preferiresti vivere in Russia o in Cina?” “Forse” diceva. Non

                che fosse comunista: del comunismo sapeva ben poco, sebbene
                quel  poco  lo  discutesse  con  intelligenza.  Semplicemente,  era

                contro  la  nostra  società  così  com’è  organizzata  oggi.  E  nei
                riguardi della nostra società era assai amaro. Ciò lo rendeva una
                specie di anarchico, anzi guardi: l’anarchia era insita nella sua

                natura come la ribellione per tutto e per tutti. La mancanza di
                disciplina, l’insofferenza verso qualsiasi forma di autorità. Gli

                dicevo: “Sol, forse il sistema democratico non è perfetto ma è il
                migliore che abbiamo per ottenere qualcosa”. Rispondeva: “Per

                ottenere qualcosa non c’è che un sistema, la violenza. Chi è al
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