Page 25 - Oriana Fallaci - 1968
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l’elmetto fino a schiacciarmi. «La testa, la testa, proteggi la testa
                come se la testa fosse l’unica cosa di cui preoccuparti, come se

                salvata quella tu avessi salvato tutto.» E intanto Joseph Tinnery,
                vent’anni, da Filadelfia, strappato alle scuole medie, stava lì a

                testa  nuda  ed  urlava:  «Senti,  m’ero  dimenticato,  tu  che  sei
                giornalista, me lo fai un favore? Mi fai mandare una fotografia

                con l’autografo da Julie Christie? Ricordati, Joseph Tinnery, 3°
                                    a
                battaglione, 12  fanteria, sì, Julie Christie!».





                La conferenza stampa del generale ottimista



                MARTEDÌ  SERA. Sono giunti i feriti della collina 875. Stamani
                                               a
                una colonna della 173  airborne è riuscita a stabilire un contatto
                col perimetro del massacro e ora esiste una zona di atterraggio

                per  gli  elicotteri.  Ero  sulla  pista  a  vederli  arrivare.  Calavano
                come un branco di calabroni, accecandoci in quel vento di terra

                rossa,  gli  infermieri  correvano  con  le  barelle,  ma  solo  i
                moribondi venivano adagiati sulle barelle. Gli altri si buttavano

                in  terra  da  sé,  e  laceri,  insanguinati,  zoppicando,  ridendo,
                piangendo,  venivano  verso  di  noi  neanche  fossimo  stati  la

                mamma,  il  miracolo.  Uno  che  rideva  mi  si  è  buttato  addosso
                gridando: «Prendete la collina, era l’ordine, prendete la dannata
                collina!  Ma  era  impossibile,  capisci,  impossibile!  Eravamo  in

                trappola,  capisci,  in  trappola!».  Poi,  di  colpo,  ha  smesso  di
                ridere. S’è staccato da me, m’ha guardato serio e m’ha detto:

                «Ma tu chi sei? Cosa vuoi?». Un altro, seminudo, era in preda a
                una  crisi  selvaggia.  Batteva  i  piedi,  si  picchiava  la  fronte,

                singhiozzava: «Li odiooo! Vi odiooo! Maledetti! Sudicioniii!».
                Cercavano  di  calmarlo,  condurlo  in  infermeria,  ma  non  ce  la

                facevano mica. Un altro, negro, s’era seduto con una ciotola di
                minestra e piangeva quieto mentre le lacrime gli cadevano nella
                minestra. «Quella bomba. Un mucchio di ragazzi son morti per

                quella bomba. Non sapevi più dove andare. Dovevi nasconderti
                sotto  i  cadaveri.  Ho  dormito  sotto  Joe.  Era  morto  ma  faceva
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