Page 24 - Oriana Fallaci - 1968
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bombardati anche noi. Erano armati bene ma poche armi russe.
Di russo ho trovato solo due fucili del 1946. Tutte armi cinesi,
nuovissime, di prima qualità. Fucili, mitraglie, granate a mano,
mortai da 60 mm, razzi R10 che nella giungla son oro perché
spaccano gli alberi e i rami schizzando diventan coltelli. Vero,
tenente?»
Una morte è già troppo, in una famiglia
Il tenente ha ventun anni ma ne dimostra quindici. Si chiama
Joseph Knowlton e viene dal Massachusetts dove ha un fratello
di diciott’anni e uno di quattordici. Vive nell’incubo che anche
a loro tocchi il Vietnam. Siede su un sasso e coprendo coi piedi
qualcosa che non vedo, ci ha fatto sopra un mucchietto di terra,
mi dice: «Ho scritto a quello più grande di arruolarsi in marina,
così sfugge al Vietnam. Non voglio che provi ciò che provo io.
Io la guerra l’avevo vista al cinematografo, ma non credevo che
fosse così. Ti passano le pallottole sopra la testa, colpiscono
l’albero e vuoi tanto bene all’albero che lo abbracceresti per non
lasciarlo più, invece vai avanti proteggendo la testa come se la
testa fosse l’unica cosa di cui preoccuparti, come se salvata
quella tu avessi salvato tutto. Forse perché il primo che hai visto
morire ha perso la testa. Gli è volata via come un pallone per
giocare al calcio. Non voglio che mio fratello veda queste cose.
Se l’America pretende che io sia qui, pazienza: cerco di fare
meglio che mi riesce. Però mio fratello no. Una morte è già un
prezzo troppo alto. E malgrado l’obbedienza che porto,
malgrado sia abbastanza d’accordo sulla nostra presenza in
Vietnam, chi vuole essere qui? Chi ne è fiero?». E con rabbia
tira una pedala al mucchietto di terra che aveva ammassato.
Sotto, c’è una manina gialla.
Ce ne siamo andati sotto il fuoco. Sparavano da una cima
accanto, forse il contrattacco temuto. Siamo saltati
sull’elicottero con la velocità di due lepri, mi calcavo in testa