Page 176 - Oriana Fallaci - 1968
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USA. Merce di ogni genere: prodotti chimici, prodotti
alimentari, tessuti, macchinari, gioielli, tappeti, autobus, ricami,
locomotive, strumenti chirurgici. Conviene proprio alla Cina
perdere tanti soldi per liberare quattro milioni e mezzo di cinesi
cresciuti in regime capitalista?
La domanda è valida per la nostra logica occidentale.
Probabilmente superflua per quella cinese. Nella Cina d’oggi,
travolta dalla Rivoluzione culturale, l’ideologia comunista vale
ben più di 600 milioni di dollari USA. «Non ci lasciamo
comprare, ne andrebbe di mezzo la nostra dignità nazionale», è
la frase che i comunisti ripetono a Hong Kong. «E poi a Hong
Kong non ci sono solo gli inglesi, ci sono gli americani: anche i
bambini sanno che il porto sta diventando una base navale di
Johnson per aiutare la guerra in Vietnam.» Non è vero. Non è
affatto vero. Ma gli americani ci sono. La gran maggioranza dei
soldati americani in licenza lasciano il Vietnam per riposarsi a
Hong Kong, e sono circa cinquemila ogni mese. Navi da guerra
a
della 7 flotta sono costantemente ancorate nel porto di Hong
Kong dove è raro che tu veda un cargo russo ma dove vedi
sempre incrociatori americani, sommergibili nucleari americani,
portaerei americane: i cinesi sostengono che l’anno scorso il
numero delle unità navali americane a Hong Kong salì a 400.
L’anno scorso raddoppiarono anche le esportazioni di Hong
Kong verso Saigon: gran parte della verdura che i soldati
americani mangiano in Vietnam è verdura che viene da Hong
Kong e che Hong Kong ha comprato dalla Cina. Un bel
paradosso. Non a caso il consolato generale degli Stati Uniti a
Hong Kong ha più persone di tutti gli altri consolati messi
insieme. Non a caso gli americani posseggono a Hong Kong
ben cento fabbriche. E poi c’è l’esempio di Macao, la colonia
portoghese ormai nelle mani dei comunisti cinesi. Incominciò
tutto a Macao, poco più di un anno fa. In certo senso, non si
capisce quel che accade ad Hong Kong se non si sa quel che è
successo a Macao.