Page 175 - Oriana Fallaci - 1968
P. 175
ora paga alla Cina un milione di sterline all’anno di acqua. A
parte l’acqua supplementare di cui ha bisogno in estate. Quando
vi furono i tumulti di maggio e la Cina interruppe l’invio
dell’acqua, a Hong Kong si moriva di sete.
Il prezzo delle uova salì in un giorno di cinque volte
Ma ammettiamo pure che con un miracolo il buon Dio trasformi
l’acqua del mare in acqua potabile: per conquistare Hong Kong,
alla Cina basta toglierle i viveri. Il novantacinque per cento del
cibo che si mangia a Hong Kong viene dalla Cina. Cioè tutta la
verdura fresca, la frutta, le uova, il pollame, il maiale, la
cacciagione, il riso, gli alcolici, le spezie, il tè, il pesce: e a
prezzi così bassi da sfiorare il ridicolo. Solo i ricchi di Hong
Kong potrebbero sopravvivere coi viveri comprati in Australia o
in Nuova Zelanda. Lo scorso giugno, durante lo sciopero delle
ferrovie che uniscono Hong Kong a Canton, il prezzo delle uova
a Hong Kong salì di cinque volte in ventiquattr’ore e dopo tre
giorni non si trovava più un uovo. E tuttavia la questione non è
nemmeno questa. La questione è se la Cina voglia o non voglia
mettere Hong Kong alla fame e alla sete. Perché, rinunciando a
vendere acqua e cibo a Hong Kong, la Cina si taglia le dita dei
piedi. Da Hong Kong la Cina ricava infatti metà della valuta
straniera di cui dispone: seicento milioni di dollari USA ogni
anno. Pari a 375 miliardi di lire italiane. In altre parole, Hong
Kong non serve solo agli inglesi: serve alla Cina né più né meno
quanto serve agli inglesi. Tutto il commercio che la Cina svolge
coi paesi occidentali passa attraverso Hong Kong, e il denaro
non viene depositato a Pechino: resta nella sicura Banca di Cina
a Hong Kong. Qui stanno tutti gli uffici di importazione-
esportazione cinesi. Nel 1967, grazie a quegli uffici, la Cina ha
venduto all’Italia merce per ventiquattro milioni di dollari USA,
all’Australia merce per trentasei milioni di dollari USA, al
Giappone merce per centonovantaquattro milioni di dollari