Page 174 - Oriana Fallaci - 1968
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s’è visto respingere dalla scritta: «Proibito l’ingresso ai cani e ai
                cinesi» e capirai perché la sua patria è la Cina: con quei blocchi

                di  giada  guerresca,  quella  merce  di  prima  qualità,  quelle
                bandiere  rosse.  Noi,  per  lui,  siamo  «cani  bianchi».  Nel  caso

                migliore, «diavoli stranieri». Entri in un ristorante alla buona,
                chiedi un nido di rondine, e il cameriere urla al cuoco: «Un nido
                per  il  diavolo  straniero!».  I  nostri  figli  non  vedranno  mai  la

                Hong  Kong  che  noi  conoscemmo:  comoda,  ingiusta,  corrotta,
                drammatica  e  affascinante.  Giorno  per  giorno  la  nave  alza  le

                ancore un millimetro in più, forse un centimetro in più. Guarda
                questo lussuoso edificio in Queen’s Road: è la Banca di Cina,

                innalzò  il  suo  tetto  fino  a  fargli  sovrastare  qualsiasi  altra
                costruzione  e  poiché  la  terrazza  era  liscia,  asfaltata,  ci

                atterravano gli elicotteri. Perché gli elicotteri non vi atterrassero
                più,  i  funzionari  comunisti  vi  sistemarono  tronchi  di  cemento
                armato. Considera il numero dei soldati inglesi a Hong Kong:

                neanche  8000.  Alla  frontiera  invece  vi  sono  270.000  soldati
                cinesi. Hong Kong non può esser difesa. Negli anni Quaranta i

                giapponesi  impiegarono  quattro  giorni  e  mezzo  per  invaderla,
                negli anni Sessanta ai cinesi basterebbero quattro ore e mezzo:

                ammenoché  gli  americani  non  volessero  intervenire  dal  mare.
                Ma a cosa servirebbe? È una vecchia battuta che la Cina può

                prendersi  Hong  Kong  senza  artiglierie:  semplicemente
                togliendole l’acqua. Quasi tre quarti dell’acqua di Hong Kong
                viene dalla Cina. Nei nuovi territori, cioè nella striscia di terra

                che  gli  inglesi  affittarono  per  novantanove  anni  nel  1890,
                esistono tre serbatoi di acqua ma in un’annata di pioggia ideale

                essi  bastano  a  distribuire  quattro  ore  di  acqua  al  giorno  ogni
                quattro  giorni.  Si  stanno  allestendo  anche  impianti  per  la
                desalinizzazione  dell’acqua  di  mare  ma,  quando  essi

                funzioneranno,  Hong  Kong  continuerà  a  dipendere  dalla  Cina
                per quasi metà dell’acqua di cui ha bisogno: sessanta milioni di

                galloni ogni ventiquattr’ore. Pechino lo sa così bene che l’anno
                scorso  aveva  proposto  al  governo  inglese  di  fornire  l’acqua

                gratis. Ma il governo inglese rifiutò il dono temendo un ricatto e
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