Page 167 - Oriana Fallaci - 1968
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uccide  un  altro  vietnamita:  non  voglio  che  tale  diritto  ve  lo
                prendiate  voi.  O  quel  signor  Robert  Kennedy  che  ci  sputa

                addosso perché siamo corrotti e mi odia quando rispondo: «Sì,
                lo  siamo,  la  corruzione  è  in  noi,  come  l’amore,  come  il

                desiderio: ma lei, signor Kennedy, è molto ricco e vorrei tanto
                sapere se per caso suo padre non divenne ricco ficcando un dito
                nella corruzione!».



                Neanche lei è molto amato, generale Ky. Anzi, oserei dire che
                oggi è il vietnamita più odiato del mondo.



                Lo so. All’estero sono odiato quanto sono odiato in patria dagli
                americani e dalla gente del mio governo. Ricordo quando andai

                in  Australia,  per  quel  viaggio  ufficiale,  e  i  manifesti  dei
                dimostranti mi definivano «assassino, dittatore, macellaio». Alla

                conferenza  stampa  che  tenni  due  ore  dopo  il  mio  arrivo  mi
                furono rivolte solo domande insultanti: sembra che il mondo si
                aspetti sempre il peggio da me, e se per caso si accorge che non

                sono poi brutto come mi dipingono reagisce con lo stupore. «Ci
                eravamo  preparati  a  un  macellaio  e  abbiamo  incontrato  un

                piccolo  signore  perbene»  scrissero  il  giorno  dopo  i  giornali
                australiani. Comunisti compresi. L’accusa che mi insegue con

                maggiore  frequenza  è  che  io  miri  alla  dittatura  e  che  sia  un
                ammiratore  di  Hitler.  Il  tutto  perché,  quando  divenni  primo

                ministro,  e  a  quel  tempo  c’era  un  colpo  di  Stato  al  giorno,
                esclamai  esasperato:  «Ciò  di  cui  abbiamo  bisogno  è  un  tipo
                come  Hitler».  Volevo  citare,  naturalmente,  l’esempio  di  un

                uomo forte: scelsi il nome di Hitler per rabbia, per paradosso.
                Ciò significa forse che Hitler è il mio eroe? Ridicolo. Non leggo

                i libri, ma qualcosa so: se non altro perché qualche volta sono
                andato  al  cinematografo.  Ma  ecco  che  al  Parlamento  inglese

                qualcuno solleva il problema, poi manda l’ambasciatore inglese
                di Saigon a chiedermi spiegazioni. Con che diritto? Col diritto

                della  sua  razza  bianca?  Gli  risposi:  «Se  viene  da  me  come
                amico, le do tutte le spiegazioni che vuole, se viene da me come
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