Page 163 - Oriana Fallaci - 1968
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sono i buoni e noi siamo i cattivi, per voi: come nei film
western. Li ammirate per partito preso. Se noi attaccassimo il
Nord, tutto il mondo si solleverebbe con indignazione: già vi
indignate perché li bombardiamo, mentre loro si infiltrano al
Sud, attaccano le nostre città, ammazzano la nostra gente: e
questo vi va benissimo. Non ho ancora capito se è
romanticismo, il vostro, o stupidaggine.
È rispetto. Ad esempio, per il loro coraggio. Per la loro fede.
Ammetterà che ci vuole coraggio, e fede, per combattere scalzi
contro i carri armati.
E chi nega che abbiano coraggio? Certo che lo hanno: sono
vietnamiti. Ma anche i nostri soldati hanno coraggio: siete voi
che li accusate di vigliaccheria, di diserzione. Basandovi su che
cosa, non lo so: non andate mai a vedere i nostri soldati che
combattono, andate sempre a vedere gli americani. Come se la
guerra la facessero gli americani e basta: sì, la fanno anche gli
americani, e la fanno bene, e perciò li ringrazio. Ma i nostri
soldati non scappano come voi dite, e non sono da meno dei
vietcong che vi piacciono tanto. L’ho detto anche a Johnson: se
i nordvietnamiti smettessero di infiltrare truppe nel Sud, non
avremmo bisogno di voi americani. Liquideremmo le nostre
dannate faccende da soli: come faceste voi durante la guerra di
secessione. Io non ho meno coraggio di un vietcong, anch’io so
morire come un vietcong, neanche a me fa paura morire. La
morte io l’accetto come il fatto di essere nato, e questo le spiega
perché non condivido la vostra ammirazione per i vietcong che
si gettano a ondate contro le mitragliatrici o sotto il napalm.
Non fanno così perché sono vietcong. Fanno così perché sono
vietnamiti.
Però l’offensiva del Tet è partita da loro, non da voi, e
nell’offensiva del Tet se la sono cavata assai bene: trentasei
città attaccate, Saigon in stato d’assedio per venti giorni, Hué
nelle loro mani per ben ventotto giorni…