Page 158 - Oriana Fallaci - 1968
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gente eletta qui nel Sud Vietnam non è la gente che il popolo
vuole: non rappresenta il popolo. Il popolo ci ha votato per
paura, per ignoranza, o semplicemente perché gli hanno detto di
votare. Le elezioni sono state una perdita di tempo, di denaro,
ma soprattutto una beffa. Sono servite soltanto a instaurare un
regime che col popolo non ha nulla a che fare, un regime inetto
e corrotto. Certo che anch’io ne ho la responsabilità. Vi ho
partecipato, sono stato eletto, e sono il vicepresidente. Ma
questo non significa nulla, anzi mi permette di denunciare
l’errore e dire: così non va, ci vuole una rivoluzione, le leggi
che abbiamo difendono i ricchi, dobbiamo far nuove leggi che
diano il potere ai poveri.
Ma generale: questo e ciò che dice Ho Chi Minh. Questo è ciò
che dicono i vietcong. Questo è socialismo.
E chi lo nega? Io non ho paura della parola socialismo. Sono gli
americani che pronunciano la parola socialismo come se fosse
una parolaccia. E lo stesso fanno quelli che comandano nel mio
paese. Io quando parlavo con l’ambasciatore americano Cabot
Lodge usavo sempre la parola socialismo, rivoluzione socialista.
E gli dicevo: «Libertà? Libertà di cosa? Libertà di espressione?
Oggi come oggi in Vietnam c’è bisogno di una sola libertà:
libertà dal bisogno. La libertà di cui parlate nel vostro mondo è
una cosa che non ci interessa per ora, perché ciò di cui abbiamo
bisogno per ora è il riso. Lasciateci costruire prima un paese
dove non si muore di fame, e poi parleremo di libertà di
espressione, libertà di parola, potere esecutivo, legislativo
eccetera». Lei dice che sono un marxista. Chi se ne frega di
Marx? Chi è Marx? Marx, Engels, questi tipi qua: non li
conosco, non ho mai letto quello che hanno scritto e non mi
interessa. Stanno al di là dell’oceano, in Europa, sono bianchi,
io sono giallo, sono asiatico, sto in Vietnam, e ciò che va bene
per loro non può andar bene per me, per il mio popolo. Sono
teorici, io non ho tempo da perdere con le teorie. Francamente,