Page 161 - Oriana Fallaci - 1968
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venerabilità e si inchina sempre dinanzi ai padri e i nonni e gli
zii. Ma quando si parla di rivoluzione, di giustizia sociale, del
futuro di un paese, i vecchi non hanno più nulla da insegnarci.
Quando si tratta di costruire una nazione, i vecchi non vanno
ascoltati. Perché, se si ascoltano, si ripetono i loro stessi errori. I
vecchi come Ho Chi Minh non appartengono più a questo
secolo.
Generale Ky, se un giorno lei fosse deluso nelle sue speranze,
se un giorno lei si accorgesse di non poter fare la rivoluzione
socialista nel Vietnam del Sud, se in altre parole decidesse di
aver scelto la parte sbagliata, sarebbe pronto a saltare
dall’altra parte della barricata?
No. Quando un uomo sceglie un ideale, anzi una via per
realizzare il suo ideale, deve percorrerla fino in fondo. Senza
cambiare. Se io mi accorgessi di avere scelto la via sbagliata,
preferirei morire. So benissimo che la mia scelta non è pratica
ed è molto penosa. So benissimo che io e i comunisti abbiamo
sogni in comune, obiettivi in comune, scopi in comune. So
benissimo che c’è molto più sudicio fra noi che fra loro. Ma il
loro sistema non è quello giusto, e io li combatto perché il loro
sistema non è quello giusto, e che senso avrebbe abbandonare
un sistema sbagliato per cadere in un altro sistema sbagliato?
Sinceramente, farei meglio a uccidermi. In Vietnam c’è un
proverbio che dice: «Se vinci diventi re, se perdi ti tagliano la
testa». Se mi tagliano la testa, o me la taglio, pazienza: ho
provato a diventare re. Però è probabile che riesca a vincere
perché non sono in minoranza: i poveri, i contadini, sono con
me. Ed è su loro che devo contare: non sui borghesi, non sugli
intellettuali. Ieri, quando ho parlato ai quattrocento professori
dell’università, mi scappava da ridere. Con quei fucili in mano.
Poveretti. Non sapevano neanche come si tiene un fucile.
Pensavo: ora gli casca e parte un colpo su di me. Poi pensavo:
questa di armare gli intellettuali e i borghesi per la difesa civica