Page 148 - Oriana Fallaci - 1968
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chiuso dentro la mente del generale Giap, il medesimo che
sconfisse i francesi a Dien Bien Phu.
Quarantacinque giorni chiusi sottoterra mentre
ventiquattr’ore su ventiquattro i nordvietnamiti sparano colpi di
mitraglia, razzi, mortai. I seimila marine non osano neanche
uscire da un bunker, spostarsi da bunker a bunker. Le ultime
due pattuglie tentarono di inoltrarsi al di là del recinto spinato la
scorsa settimana: la prima era di trenta uomini, ventiquattro
furono uccisi dopo dieci metri. La seconda era di venti uomini e
andava a recuperare i sei superstiti: fu massacrata insieme a quei
sei. L’elicottero che si abbassò per recuperare tre feriti fu
colpito ed esplose. Sicché l’unico modo per sopravvivere è
restar zitti e fermi ad ascoltare i nordvietnamiti che scavano
labirinti di tunnel per invadere il campo anche dal dentro: uno
dei tunnel si arresta a nemmeno cento metri dal recinto spinato e
presto sarà sotto il campo. I vietnamiti sono così piccoli, a loro
basta pochissimo spazio, fanno presto a scavare ed eccoli lì: topi
contro topi, tarli contro tarli, gli uni per difendersi, gli altri per
attaccare. Sembra un racconto di Edgar Allan Poe ed è uno degli
incubi più allucinanti dell’intera guerra in Vietnam.
I rifornimenti arrivano solo per via aerea. Se si tratta di viveri
o di materiale leggero, vengono gettati coi paracadute sul campo
e sono raccolti di notte da squadre di volontari. Se invece si
tratta di materiale pesante, come le longarine di ferro che
servono alla costruzione dei bunker, l’aereo atterra e senza
fermarsi spalanca il portellone poi semina i materiali lungo la
pista e decolla. Raramente si arresta per qualche minuto, come il
C130 del tenente Fred Barlow. La probabilità di essere abbattuti
è del settanta per cento: si può venire abbattuti mentre ci si
avvicina alla base, o mentre si atterra, o mentre si decolla.
L’intero campo è un cimitero di elicotteri e aerei, ogni giorno se
ne aggiunge uno nuovo. Ma l’impresa peggiore non è neanche
quella dei rifornimenti: è il recupero degli elicotteri colpiti. Per
recuperare un elicottero c’è solo un mezzo: un altro elicottero,
più grosso. Da quest’ultimo pende un cavo d’acciaio che