Page 143 - Oriana Fallaci - 1968
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questo  soldato?».  «No,  dottor  Barnett.  L’ho  incontrato  a  Phu
                Bai e sto scrivendo una storia su di lui.» «Allora suppongo che

                le servirà conoscere anche il finale. È un finale allegro.» «Come
                ha  detto,  dottore?»  Il  dottor  Barnett  mi  fece  entrare  nel

                gabinetto oculistico dove Sanford Collins sedeva stravaccato su
                una  poltrona,  osservandosi  dietro  gli  occhiali  neri  le  unghie.
                «Collins, da bravo. Fai vedere alla giornalista come conti bene»

                disse il dottor Barnett. E gli piazzò davanti l’indice e il medio.
                «Uffa,  sono  due.  L’indice  e  il  medio»  rispose  Collins.  «E

                questi?»  Il  dottor  Barnett  gli  piazzò  davanti  l’intera  mano.
                «Uffa, sono cinque, l’intera mano» rispose Collins. «Scommetto

                che  sai  contare  fino  a  venti,  vero,  Collins?»  «Uffa,  perché
                venti?» «Perché fra venti minuti, Collins, parte un aereo per Phu

                Bai e Hué. Tu ci monti sopra e torni a Hué. Chiaro, Collins?» Il
                cieco si accese una sigaretta, si ficcò in bocca un chewing-gum.
                Poi si tolse gli occhiali, fissandomi con sguardo insolente.






                Il soldato pauroso



                Fra  la  città  di  Hué  e  l’aeroporto  di  Phu  Bai  ci  sono  dodici
                chilometri  di  strada.  La  strada  è  diritta,  in  massima  parte

                asfaltata,  e  passa  fra  campi  di  riso,  case  coloniche,  vecchi
                cimiteri al di là dei quali si alzano monti e colline. Nascosti sui
                monti, sulle colline, nei cimiteri, nelle case coloniche, nei campi

                di riso stanno i vietcong. E sparano a qualsiasi cosa si muova.
                Malgrado questo, l’unico modo per recarsi da Hué a Phu Bai e

                viceversa è percorrere quei dodici chilometri di sfida alla morte.
                E l’unico modo per percorrerli è salire a bordo di un convoglio

                militare.  Ammenoché  tu  non  prenda  un  elicottero,  che  però  è
                più pericoloso: in quindici giorni, ben sedici elicotteri sono stati

                abbattuti.  Di  convogli  ne  partono  circa  tre  al  giorno  ma
                l’entusiasmo con cui partono è così scarso che a volte bisogna
                aspettare anche tre o quattro ore perché l’ufficiale si decida a

                dare il via. Il mio convoglio ad esempio doveva muoversi alle
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