Page 131 - Oriana Fallaci - 1968
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Viaggerò  in  autobus  fino  a  mezzanotte…  Non  ho  preso
                l’autobus delle 9, sono potuto salire solo su quello dell’una del

                mattino, che poi è partito alle tre. Maledizione. Ho perduto una
                notte  che  potevo  passare  con  Can.  Ora  sono  le  cinque  del

                mattino, l’autobus sta correndo, e io mi sono appena svegliato
                da un sogno. Sognavo di essere fra le braccia di Can. Speriamo
                di arrivare prima che il giorno sia pieno. Viaggiare con la luce

                non  è  prudente.  Se  Johnson  ci  vede,  dall’alto  dei  cieli,  ci
                riempie di pallottole.



                28  LUGLIO.  Forse  è  sciocco  sciupare  il  tempo  scrivendo  un
                diario. Ma devo dirtelo, mio diario: l’ho rivista, l’ho rivista, l’ho

                rivista! L’autobus è arrivato alle 5 e mezzo del mattino. Sono
                corso al ponte per attraversarlo ma il ponte non c’era più. Era

                stato bombardato e ne avevano rizzato un altro, di barche, cento
                metri più in là. Finalmente sono stato dall’altra parte del fiume.

                Era  completamente  devastata  dai  bombardamenti  aerei
                americani.  Che  tragedia.  Una  città  ridotta  completamente  in

                rovine. Nel parco c’era un cratere enorme e un altro cratere era
                nel punto dove sorgeva il negozio del mio libraio. La strada non
                esisteva  più.  Dei  ristoranti  in  Tay  Hieu,  della  scuola

                commerciale,  della  cooperativa,  e  infine  del  posto  dove
                lavoravo,  non  rimane  più  nulla  fuorché  le  fondamenta.  Un

                danno mille volte peggiore di quello che temevo. Nghia Dan, un
                centro così fiorente, è ormai una città fantasma. Mi aggiro tra le
                macerie smarrito, pensando che qui vivevo, mi sembra d’essere

                ancora più stanco dopo una notte priva di sonno. E se Can fosse
                morta? Mio diario, quanto ho sofferto durante quei pochi metri.

                Guardami  mentre  cammino  verso  il  centro  del  dipartimento
                agricolo e incontro il mio amico Truong Si Huyen e poi il mio

                Nung e gli dico di accompagnarmi a casa perché da solo non ce
                la faccio. Ecco, sono a casa. E Can non c’è. Chiedo dov’è. Mi

                rispondono  che  è  nella  piantagione  di  gomma  dove  facevo  le
                mie ricerche di laboratorio. Una bicicletta, dico, una bicicletta!
                Mi danno una bicicletta. Ci salto sopra e pedalo, pedalo. Verso
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