Page 128 - Oriana Fallaci - 1968
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palline ben pressate e le mangiamo il giorno dopo durante la
marcia. Come sono stanco. Marcio da dieci giorni, portandomi
dietro tutto l’amore per ciò che ho lasciato. Can mi manca
terribilmente, non faccio che pensare a lei. Non faccio che
contare i giorni (ma quanti?…) che già mi separano da lei.
9 MAGGIO. Ogni tanto piombano gli aerei americani e ci
illuminano con quelle luci. Ma noi continuiamo a marciare.
Neanche le loro bombe ci impediscono di continuare a marciare.
Tre di questi aerei sono apparsi dopo la partenza delle prime
due squadre e subito abbiamo udito l’esplosione delle bombe.
Un’ora dopo siamo arrivati in quel punto ma non abbiamo
trovato morti: solo una vacca giaceva riversa. Ora abbiamo
avuto un riposo di mezz’ora, per mangiare. Ma invece di
prendere la mia ciotola di zuppa mi sono messo a scrivere. Mi
piace più che mangiare. Presto ricominceremo ad andare
attraverso i villaggi del distretto di Do Luong. Ai lati della
strada cresce un’erba alta, verde.
25 MAGGIO. Sono stato male e non avevo voglia di scrivere.
Continuiamo questa marcia nel buio, attraverso campagne e
villaggi sconosciuti, e possiamo riposarci solo quindici minuti
ogni sette o otto chilometri. Sono sempre stanco morto e ho
sete. Ci hanno aggruppato in cellule di sei uomini ciascuna per
tagliare la legna. Ho tagliato legna per sei ore. Siamo ormai in
mezzo alla giungla e incominciamo a conoscere il nostro
peggior nemico: le sanguisughe. Maledizione a loro, sono
dovunque e saltano sul primo uomo che vedono. Malgrado la
preoccupazione che mettiamo a coprire ogni parte del corpo,
riescono ancora ad attaccarsi a noi. Tutte le volte che sento una
puntura al piede so cos’è. Mi tolgo la scarpa e immancabilmente
il piede è coperto di sangue. Orribile. Disgustoso. E poi questa
umidità.
27 MAGGIO. Siamo dovuti tornare nel distretto di Do Luong e la