Page 114 - Oriana Fallaci - 1968
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rimasti gravemente feriti, proprio qui, dieci minuti prima che io
                arrivassi.  Mentre  ero  qui,  le  truppe  del  generale  Loan  hanno

                catturato sei vietcong. Sono bambini fra i quattordici e i diciotto
                anni, hanno i sandali giapponesi legati col filo dietro il tallone e

                indossano camicie a quadri, pantaloncini corti. Ci guardano con
                l’odio negli occhi e il sorriso sulle labbra. Uno ci sputa addosso
                e  poi  torna  a  sorridere.  Allora  i  soldati  del  generale  Loan

                bendano gli occhi a tutti e sei, poi li fanno accucciare lungo il
                muro. Il più giovane è ferito al ventre. Si tiene una mano sul

                ventre e fra le dita gli colano fiotti di sangue. A un certo punto
                cade a faccia in avanti, sempre tenendosi il ventre, e muore. Lo

                agguantano come un sacco di spazzatura e lo buttano sopra un
                camion,  insieme  agli  altri  morti  che  saranno  seppelliti  in  una

                grande fossa comune, dopo esser stati bruciati col lanciafiamme.
                In compenso, il generale Loan non gli spara più nella tempia al
                momento della cattura: su iniziativa del generale Westmoreland,

                è stato deciso di trattare i vietcong come prigionieri di guerra (e
                così  molti  vengono  liquidati  di  nascosto,  all’insaputa  degli

                americani,  nelle  caserme  di  polizia).  Il  provvedimento  non  è
                servito certo a placare gli animi: ieri sera, proprio qui a Cholon,

                i vietcong hanno fucilato due giornalisti.
                    Si chiamavano Kim Hyunh Kuk, corrispondente del «Korea

                Times» a Hong Kong, appena giunto da Hong Kong, e Park Ro
                Yu, addetto stampa dell’ambasciata coreana a Saigon. Sono stati
                arrestati  insieme  al  corrispondente  vietnamita  della  CBS,  Yo

                Thanh  Son,  mentre  guardavano  e  fotografavano.  Sono  stati
                portati  in  una  casa  dove  c’erano  altri  quattro  civili  e  lì  sono

                rimasti fino alle sette di sera. Alle sette è arrivato un ufficiale
                vietcong. Ha legato loro le mani dietro la schiena e li ha fatti
                camminare           per      circa       mezz’ora          verso       l’ippodromo.

                All’ippodromo  li  ha  messi  contro  il  muro  e  il  plotone
                d’esecuzione ha sparato. Si è salvato solo Son, il vietnamita: la

                raffica non lo ha colpito, lui s’è gettato lo stesso per terra ed è
                rimasto  lì,  a  fare  il  morto.  Allora  l’ufficiale  vietcong  si  è

                avvicinato a ciascuno per dargli il colpo di grazia ma, quando è
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